Il Paese frammentato è terreno fertile per estremisti e trafficanti

Cinque anni dopo la rivoluzione che portò alla morte di Muammar Gheddafi, è ancora caos in Libia, trasformata in roccaforte dei gruppi jihadisti nel nord Africa e in paradiso per i trafficanti di esseri umani nel Mediterraneo. Una situazione che si è aggravata ulteriormente lo scorso fine settimana dopo che le milizie fedeli all'ex esecutivo islamista di Tripoli hanno assaltato uno dei principali complessi della città,sfidando il fragile governo di Unità nazionale designato sei mesi fa dall'Onu.

Cinque anni dopo che le forze internazionali sotto il mandato della Nazioni unite hanno aiutato i ribelli a deporre Gheddafi, la Libia è uno Stato fallito, preda del caos e della guerra civile, in cui decine di miliziani lottano per ottenere il potere e il controllo delle risorse naturali. Di fatto vi sono tre governi: due nella capitale e che si contendono la leadership nell'ovest del Paese, e uno a Tobruk, che guida le regioni dell'est e che controlla le principali risorse petrolifere.

Dei due governi di Tripoli, il primo è nato dopo un fallito accordo di pace auspicato dall'Onu e firmato a dicembre da membri dell'ex governo della capitale e da una piccola parte del Parlamento di Tobruk. Anche se gode del pieno sostegno di Onu, Usa e Ue, manca dell'appoggio del popolo e delle legittimità necessaria per guidare il Paese. Da quando è stato creato ad aprile, il suo unico risultato è stato quello di formare un'alleanza di milizie, guidata dalla potente città di Misurata, per cercare di cacciare il ramo libico dello Stato islamico da Sirte, città portuale sotto il controllo jihadista da febbraio 2015.

Il secondo è conosciuto come il Congresso nazionale generale (Cng), un'entità di ideologia islamista che ha governato nei primi anni ma si è rifiutata di riconoscere il risultato delle elezioni del 2014. I membri del Cng hanno preso d'assalto edifici governativi lo scorso fine settimana ordinando la cacciata del governo di unità nazionale accusato di aver aggravato la crisi politica e di non essere in grado di migliorare le condizioni della popolazione. Due centri di potere si contendono il controllo del Paese, rivendicando legittimità. I due Parlamenti e i governi controllano in realtà parziali zone del territorio, in cui si trovano anche 140 tribù e almeno 230 milizie armate. E poi l'Isis, a cui si sommano una serie di gruppi islamisti, come Ansar al-Sharia, i Consigli di shura di Bengasi e Derna, Mokhtar Belmokhtar al-Murabitun nel sudovest, al-Qaeda nel Maghreb Islamico (Aqim) a sudovest e nordest.

Nell'est l'uomo di spicco è il maresciallo Khalifa Hafter, ex membro della cupola gheddafista reclutato negli anni Ottanta dalla Cia, trasformatosi nel principale oppositore di Gheddafi in esilio e che ora contrasta i due governi di Tripoli. Hafter, che ora l'Onu cerca di contattare per convincerlo a unirsi ai piani di pace, combatte a Bengasi e ha avvertito che non si fermerà prima di aver raggiunto la capitale.

Di questa situazione di instabilità e conflitto continuo hanno approfittato, oltre ai gruppi jihadisti, i trafficanti di esseri umani. Dal 2015 circa 15mila persone sono rimaste uccise al largo delle coste libiche cercando di arrivare in Europa attraverso il Mediterraneo.
 

© Copyright LaPresse - Riproduzione Riservata