Le elezioni del 26 febbraio sono considerate un test della popolarità delle politiche del presidente Rohani
Gli iraniani voteranno venerdì 26 febbraio per rinnovare il Parlamento e l'Assemblea degli esperti, nelle decime elezioni dalla rivoluzione islamica del 1979. Le elezioni sono considerate un test della popolarità delle politiche del presidente Hassan Rohani, al potere dal 2013. Le lotte intestine a livello politico si sono intensificate nell'élite del Paese dopo che lo scorso anno è stato raggiunto l'accordo sul nucleare con le potenze mondiali, che ha portato alla revoca delle sanzioni in cambio di 'freni' al programma di Teheran. Rohani spera di conquistare il Parlamento, ora dominato dagli ultraconservavori che respingono le sue politiche di apertura verso l'esterno.
Gli iraniani sceglieranno sia i 290 nuovi deputati in Parlamento, sia l'Assemblea degli esperti, composta da 88 membri in carica per otto anni, che hanno il potere di nominare o revocare la Guida suprema (la massima carica prevista dalla Costituzione, in carica a vita). La loro nomina è particolarmente importante perché potrebbero essere chiamati nei prossimi anni a scegliere il successore della Guida suprema, l'ayatollah Ali Khamenei, ora 76enne.
Khamenei e Rohani spingono per un'alta affluenza dopo che metà dei candidati, in gran parte moderati e riformisti, è stata esclusa dalle elezioni per decisione del Consiglio dei guardiani, organismo costituzionale incaricato di vagliare le candidature. I maggiori partiti e politici pro-riforme hanno criticato duramente la decisione dei 12 teologi e giuristi del Consiglio, ma hanno fatto sapere che non boicotteranno il voto.
LA 'SCREMATURA' DEI CANDIDATI. Le candidature per i 290 seggi dell'Assemblea consultiva islamica (Majles, il Parlamento) sono state vagliate dal Consiglio dei guardiani della Costituzione. L'organismo composto da 12 membri, sei teologi eletti dalla Guida suprema e sei dal potere giudiziario anch'esso dipendente dalla Guida suprema e poi approvati dal Parlamento, è dominato dai conservatori. I membri sono incaricati di valutare i candidati sulla base del loro impegno a favore dell'islam, della loro fede nel sistema religioso di legge Velayat-e Faqih e nei pilastri della rivoluzione islamica. Dopo tale analisi, circa 6.300 politici sono stati ammessi alle elezioni, su un totale di oltre 12mila candidature. Bocciate soprattutto le candidature di moderati e riformisti. Tra loro anche Hassan Khomeini, teologo 43enne e nipote della prima Guida suprema della Repubblica islamica ayatollah Ruhollah Khomeini. La sua esclusione è stata criticata anche dall'ex presidente Akbar Hashemi Rafsanjani. Khomeini e altri esclusi hanno fatto ricorso. Le donne che si sono candidate alle parlamentari sono state più di 1.400 e il Consiglio dei guardiani ne ha giudicate ammissibili 584. Le donne che si sono presentate per l'Assemblea degli esperti sono state tutte escluse (dati del Guardian). Dal 1979, sono state 49 le donne in Parlamento, il 3% del totale dei seggi.
PRINCIPALI FAZIONI POLITICHE. I partiti registrati sono oltre 250, secondo il ministero dell'Interno. Due piattaforme riformiste sono state bandite dopo il contestato voto del 2009 che portò il presidente Mahmoud Ahmadinejad a ricoprire un secondo mandato. Nelle principali città, come la capitale Teheran, due gruppi sono emersi, ma alcuni candidati sono sostenuti da più di un gruppo.
– Il Fronte unito dei tradizionalisti è il maggior gruppo ultraconservatore. Comprende lealisti di Khamenei, punta sui valori islamici nella società e sostiene un'economia di libero mercato. È appoggiato dalla spina dorsale della classe dirigente, religiosi influenti, Guardiani della rivoluzione, potenti mercanti. La coalizione include diversi partiti, come i Devoti della rivoluzione islamica e la Società degli aderenti al sentiero della rivoluzione islamica, il Fronte per la stabilità della rivoluzione islamica, il Partito della coalizione islamica e l'Associazione del clero militante. I componenti stanno tentando di concordare su liste unite per le principali città, come nel caso di Teheran che ha 30 seggi. Tuttavia, restano per ora divisi.
– Alcuni fondamentalisti, come lo speaker del Parlamento Ali Larijani, sono a metà dello spettro politico iraniano, lavorando sia con i partiti tradizionalisti sia con i riformisti.
– Il Fronte riformista è un'alleanza composta da esponenti di decine di partiti, tra cui Unione del partito islamico dell'Iran, Nedaye Iranian (L'appello degli iraniani), Partito per la libertà iraniano islamica, Società dei chierici militanti, Partito laburista islamico e Partito moderazione e sviluppo. Siccome la maggior parte dei noti candidati riformisti è stata esclusa dalle elezioni, i principali partiti riformisti hanno concordato una lista congiunta di candidati, che comprende donne e giovani.
– I candidati indipendenti nelle piccole città potrebbero raccogliere molti voti, poiché in quei contesti l'appoggio dipende dalla reputazione dei singoli e dai loro contatti personali con gli elettori.
IL VOTO E IL RISULTATO. Gli aventi diritto di voto sono circa 50 milioni (è necessario avere più di 18 anni), in un Paese che ha 80 milioni di abitanti. Tutte le schede saranno conteggiate manualmente, quindi potrebbero passare tre giorni prima che si conosca il risultato. La Costituzione riserva cinque seggi in Parlamento alle minoranze religiose.
CAMPAGNA ELETTORALE. Ha preso il via giovedì 18 febbraio, si conclude mercoledì 24 febbraio.
IL NUOVO PARLAMENTO. Il Parlamento di Teheran non determina politiche in campi come gli affari esteri, ma ha un ruolo importante nelle politiche economiche. Ottenere la maggioranza è decisivo per le fazioni che vogliono portarsi in una posizione vantaggiosa in vista delle presidenziali del 2017. L'alleanza riformista vuole ottenere una forte rappresentanza all'Assemblea dominata da oltre un decennio dagli ultraconservatori, dopo che la legislatura uscente ha già ostacolato il governo attuale in ogni modo possibile.
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