Nel frattempo il Cairo respinge la risoluzione del Parlamento Ue: Affermazioni false

La trasferta del procuratore di Roma Giuseppe Pignatone in Egitto "è il segno di una volontà delle autorità giudiziarie italiane di andare fino in fondo alla vicenda" di Giulio Regeni. "E' l'iniziativa di un Paese che vuole la verità". Così il Guardasigilli Andrea Orlando a margine del Consiglio Giustizia Ue. 

PARTIRANNO LUNEDI'. Pignatone e il pm Sergio Colaiocco, che coordina le indagini sul caso Regeni, partiranno lunedì, su un volo di Stato, per il Cairo in risposta all'invito ricevuto dal procuratore generale della Repubblica Araba di Egitto Nabil Ahmed Sadek. Scopo del vertice, si legge in una nota della procura capitolina, informare i magistrati italiani "degli ultimi sviluppi investigativi relativi alla morte di Giulio Regeni nonché individuare ulteriori modalità di collaborazione tra le due autorità giudiziarie nell'interesse dei rispettivi Paesi". La riunione, almeno sulla carta, segna una fase nuova e segue settimane di polemiche nelle quali, a più riprese, il Governo italiano ha chiesto maggior collaborazione e trasparenza da parte dell'Egitto nelle indagini sulla morte del ricercatore friulano.

MANCANO VIDEO E CELLE TELEFONICHE. L'invito, portato ieri a piazzale Clodio dall'ambasciatore egiziano in Italia Amr Helmy, fa pensare a un incontro per impostare quella collaborazione tra autorità giudiziarie che finora è mancata, ma non è escluso che nel corso del vertice i magistrati italiani ricevano almeno una parte del materiale investigativo richiesto a più riprese nell'ultimo mese e non ancora ottenuto. Mancano ancora all'appello i dati delle celle telefoniche, e i video delle telecamere di sorveglianza di metropolitane e negozi del quartiere nel quale Giulio viveva ed è sparito il 25 gennaio scorso, dei quali la procura ha fatto esplicita richiesta. Inoltre i documenti inviati fino a oggi dall'Egitto contengono informazioni sommarie e carenti anche sui verbali delle testimonianze raccolte dagli inquirenti egiziani.

RISOLUZIONE UE RESPINTA. Il ministero degli Esteri egiziano ha respinto la risoluzione approvata ieri dal Parlamento europeo in cui si denunciava "la tortura e l'omicidio in circostanze sospette" al Cairo del ricercatore italiano Giulio Regeni. In una nota, il portavoce del ministero, Ahmed Abu Zaid, ha ribadito che la risoluzione del Parlamento Ue "si basa su affermazioni non supportate da alcuna prova". Il testo europeo, secondo l'Egitto, "ha una connotazione che deve essere respinta" perchè si accusano indirettamente i servizi di sicurezza egiziani di aver ucciso il ricercatore sotto tortura. "Il caso di Regeni non è isolato, ma si è verificato in un contesto di torture, decessi in carcere e sparizioni forzate registrate in Egitto negli ultimi anni", si legge nel testo approvato dai deputati europei. Abu Zaid ha ribadito il rifiuto del governo sulle accuse di sparizioni forzate in Egitto, sottolineando che "è stato dimostrato che nella maggior parte dei casi si trattava di persone sotto custodia preventiva".
Inoltre, ha continuato il portavoce egiziano, in Egitto la tortura è chiaramente definita nella Costituzione come un crimine. "Il governo egiziano è impegnato a rispettare i diritti umani e le libertà seriamente e in modo irreversibile", ha precisato Abu Zaid.

D'ALEMA: ITALIA DEVE FARE DI PIU'. L'Italia ha fatto abbastanza per ottenere la verità su Giulio Regeni? "Una cosa è certa: la verità non è arrivata, bisogna fare qualcosa in più per ottenerla". Così l'ex premier Massimo D'Alema a margine di un seminario organizzato da Sinistra Italiana.
 

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