Bocciato a Firenze il primo dei ricorsi presentati contro la legge elettorale: "inammissibile" per mancanza dei requisiti di "urgenza e di strumentalità cautelare"

Il prossimo 4 marzo la legge elettorale con la quale si andrà a votare sarà il Rosatellum bis. La conferma è arrivata oggi dalla bocciatura del primo dei ricorsi presentati contro il testo approvato dal Parlamento prima della fine della legislatura. E' stato il tribunale civile di Firenze, con ordinanza del giudice Giuseppina Guttaduro, a respingere il ricorso presentato dal deputato Massimo Artini, ex Movimento 5 Stelle e ora esponente di Alternativa Libera, giudicandolo "inammissibile" per mancanza dei requisiti di "urgenza e di strumentalità cautelare".

Nel ricorso, Artini agiva non come parlamentare ma come elettore a tutela del suo voto, con l'obiettivo di un intervento della Corte Costituzionale. Oltre quello di Firenze sono altri due i ricorsi promossi in Italia contro il Rosatellum bis: uno a L'Aquila e l'altro a Roma.

Il ricorso di Firenze, firmato dall'avvocato Paolo Colasante, era stato presentato il 20 dicembre scorso, prima dello scioglimento delle Camere, ma già vi si rilevava che "l'imminente celebrazione delle prossime elezioni politiche con le caratteristiche del procedimento d'urgenza fonda il procedimento d'urgenza ex art. 700 del codice di procedura civile". L'avvocato Colasante chiedeva al giudice di Firenze di ammettere il ricorso per tutelare il diritto di voto "minacciato da un pregiudizio imminente e irreparabile", ossia le elezioni politiche del 4 marzo, e sottolineava la necessità dell'intervento della Corte Costituzionale.

Tra le censure e presunte illegittimità del Rosatellum bis evidenziate nel ricorso di Artini vi erano: l'illegittima previsione delle soglie di sbarramento per la quota proporzionale; le criticità nell'applicazione delle medesime soglie di sbarramento; l'illegittimità della contestuale candidatura in un collegio e in uno più collegi plurinominali; l'illegittimità della proclamazione del deputato eletto in più collegi plurinominali in quello in cui abbia ottenuto la minore cifra elettorale; l'illegittimità delle liste bloccate anche in virtù delle pluricandidature; la previsione di una sola scheda elettorale e senza voto disgiunto. L'avvocato dello Stato Stefano Pizzorno, convenuto in giudizio per la Presidenza del Consiglio dei ministri e per il Ministero dell'Interno, aveva invece difeso il Rosatellum bis, negando l'ammissibilità del ricorso di Artini e ribadendo la fondatezza costituzionale dell'intera legge elettorale in tutti i suoi aspetti.

Nell'ordinanza emessa oggi, il giudice del tribunale civile di Firenze ha osservato che "una volta indette le elezioni ed essendo pacifico che queste saranno tenute fra circa un mese e mezzo, è evidente che la rimessione alla Corte Costituzionale richiesta in sede cautelare non potrà mai portare a una pronunzia della stessa Corte in termini utili a impedire le operazioni di voto con la legge oggi censurata e nemmeno alla prima riunione delle Camere, verosimilmente il 23 marzo 2018", e che "l'eventuale intervento incidentale della Corte Costituzionale potrà andare a incidere solo su future elezioni programmate con questa legge, se ancora in vigore, e pertanto manca del tutto il requisito di strumentalità ma anche quello di urgenza con riferimento alle elezioni del 4 marzo".

Secondo Guttadauro, inoltre, "lo stesso buonsenso suggerisce come il rimedio prospettato dal ricorrente sia peggiore del danno: il cittadino che va a votare con delle regole si aspetta dal suo voto risultati coerenti con tali regole, condivise o avversate, giuste o sbagliate che siano, e vota volendo quei risultati", e "applicare agli esiti del voto già espresso regole emendate, e quindi diverse, porterebbe a un risultato certamente diverso da quello atteso, e quindi, a una lesione del diritto di voto per mancato rispetto della volontà dell'elettore ancora più significativa di quella paventata".

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