Scienziati stanno studiando un tratto di barriera al largo dell'isola nel Pacifico che non sembra risentire degli effetti del riscaldamento globale
(LaPresse) C’è qualcosa di speciale nelle acque di Tahiti: gli scienziati hanno esplorato un tratto di coralli incontaminati al largo dell’isola che si ritiene sia una delle barriere più grandi mai trovate a una profondità di oltre 30 metri. Sembra un ambiente marino non toccato dai cambiamenti climatici o dalle attività umane. Laetitia Hédouin, ricercatrice presso il Centro nazionale francese per la ricerca scientifica a Moorea, nella Polinesia francese, ha visto per la prima volta i coralli durante un’immersione con un diving club locale e alla fine dell’anno scorso ha fatto parte di un team scientifico, guidato all‘Unesco, che si è immerso per documentarlo.
Il corallo sembra resistere ai cambiamenti climatici
“A 40, 45 metri scopri una barriera corallina incredibile, meravigliosa”, dice. Questa, nel Pacifico meridionale, si estende per circa tre chilometri e include caratteristici coralli a forma di rosa. “Alcuni di loro potrebbero avere un diametro di due metri, quindi questo significa che si tratta di una colonia datata, quasi potenzialmente di 20 anni”, ha spiegato ancora l’esperta secondo cui non ci sono segni di malattia, di mortalità. “Questo significa – ha sottolineato ancora – che non sono stati colpiti dalle attività umane, da sbiancamento o altri inquinamenti”. A differenza della maggior parte dei coralli conosciuti, che si trovano in acque relativamente poco profonde, questo si trova tra i 35 e i 70 metri di profondità. E potenzialmente ce ne potrebbero essere molti altri di siti analoghi, che sono però difficili da esplorare e studiare. Il team entrato in azione ha dovuto fare 200 ore di immersioni con bombole speciali.
Tra il 2009 e il 2018 il 15% dei coralli è morto
A livello globale, le barriere coralline sono state danneggiate dalla pesca eccessiva e dall’inquinamento e anche dal cambiamento climatico. Tra il 2009 e il 2018, il 14% dei coralli del mondo è morto, secondo un rapporto del 2020 del Global Coral Reef Monitoring Project. Questa barriera invece sembra sia sfuggita ai danni. La sua profondità probabilmente lo ha protetta dalle temperature più calde che hanno invece danneggiato i coralli in acque poco profonde. Ma potrebbe essere solo questione di tempo. Gli scienziati sperano che la ricerca possa aiutare gli esperti a capire come questa barriera si sia adattata ai cambiamenti climatici e quale ruolo potrebbero svolgere i coralli più profondi nell’ecosistema oceanico. Altre immersioni sono previste nei prossimi mesi per proseguire questo studio, condotto nell’ambito del decennio delle Nazioni Unite sulla scienza oceanica e lo sviluppo sostenibile.
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