Lo riferisce il XIII Rapporto Animali in città, realizzato da Legambiente, Arci e altre associazioni

Nel 2023 sale a 85mila, stando ai dati forniti dalle amministrazioni comunali, il numero dei cani abbandonati (+8,6% rispetto al 2022), indicatore importante anche della crisi economica che pesa su famiglie e cittadini. Lo riferisce Legambiente nel XIII Rapporto Animali in città realizzato con il patrocinio di Anci, Conferenza delle Regioni e delle Province Autonome, Enci, Fnovi, Anmvi e Società Italiana di Medicina Veterinaria Preventiva, presentato oggi a Festambiente a Rispescia (provincia di Grosseto) in occasione del festival nazionale di Legambiente, e che restituisce un quadro “a tinte fosche” sulle performance 2023 di 771 Amministrazioni comunali (su 7.901 totali) e di 46 Aziende sanitarie (su 110 totali) che hanno risposto al questionario inviato dall’associazione ambientalista sulla gestione degli animali in città.

Preoccupa – sottolinea l’associazione ambientalista in una nota – anche il numero di cani randagi, ossia quelli senza proprietari che li rivendicano, il cui numero stimato nella Penisola nel 2023 è di 358mila. Le criticità maggiori si riscontrano sempre nel Lazio, Sicilia, Campania, Puglia e Calabria dove se ne stimano 244 mila.

Il Paese – proseuge Legambiente – è segnato da una gestione che viaggia a velocità troppo differenti, ancora lenti i Comuni con solo il 34,5% che registra performance sufficienti contro l’80,4% delle Aziende sanitarie, e poi sono ancora troppi, nella penisola i ritardi e le difficoltà legate a monitoraggio, regolamentazione, controlli, e ai servizi animal friendly in città e al mare. Ritardi che hanno impatti negativi nella gestione degli animali da compagnia in città, a fronte di una spesa pubblica del settore pari nel 2023 a 248 milioni di euro (+7,4% rispetto al 2022), di cui 190 milioni in capo ai Comuni (3,2 euro/cittadino) e quasi 58 milioni alle Aziende sanitarie (0,98 euro/cittadino).

Spesa pubblica pesantemente condizionata dai costi per i canili rifugio, indicatore di scarso impegno in politiche di prevenzione, e che equivalgono al 64,1% (+ 6,8% rispetto al 2022) della spesa di settore. Parliamo di una spesa pubblica per il settore che equivale a circa 3,6 volte la somma impegnata per la gestione di tutti i 24 Parchi nazionali e addirittura oltre 24 volte la somma impegnata per la gestione di tutte le 29 Aree marine protette.

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