Ricci, scoiattoli, cervi, caprioli, volpi, ghiri. E ancora: passeri, capinere, falchi, tartarughe, salamandre, lucertole. Sono stimati in oltre 20 milioni gli animali selvatici arsi vivi negli incendi boschivi che hanno colpito l’Italia, soprattutto al Sud, dall’inizio dell’estate. A morire accerchiati dalle fiamme, disorientati e intossicati dalle colonne grigie di fumo che ne impediscono la fuga, ci sono numeri impressionanti di mammiferi, uccelli e rettili. Per contare solo i vertebrati, ai quali vanno aggiunti milioni e milioni di invertebrati.
La stima – elaborata in esclusiva per LaPresse dal responsabile fauna di Legambiente Antonino Morabito – oscilla tra i 20 e i 24 milioni di animali selvatici morti ed è calcolata sulla base dei decessi per ettaro (10mila m2) di territorio bruciato: circa 100 mila ettari nei primi due mesi dell’estate. A morire soffocati e bruciati sono stati nelle ultime settimane circa 2 milioni di mammiferi, tra cui: caprioli, cervi, volpi, ricci, e roditori come scoiattoli e ghiri. Oltre 2 milioni anche gli uccelli rimasti senza scampo tra le fiamme, in particolare tra le specie che nidificano negli arbusti, a cominciare dai piccoli passeriformi come la capinera e l’occhiocotto. Soprattutto i piccoli nati da pochi mesi. E i numeri salgono ancora quando si parla di anfibi e rettili. Circa 4 milioni i primi, tra cui la rana italica, tritoni, salamandre e molte specie endemiche. E addirittura 15 milioni i rettili: lucertole (alcune presenti solo in Sicilia e Sardegna) e serpenti, ma anche gechi e tartarughe. “L’ecocidio – commenta Morabito – è tanto più grave quanto più è ampio il fronte dell’incendio e alto il numero degli habitat coinvolti come nel caso delle foreste vetuste. E soprattutto quando vengono accesi più focolai contemporaneamente e gli animali selvatici si ritrovano senza nessuna via di fuga, accerchiati prima dal fumo poi dalle fiamme”.
Troppo spesso questi animali non vengono presi in considerazione e conteggiati tra i danni devastanti degli incendi boschivi. “Parliamo invece di numeri altissimi e di perdite consistenti per la biodiversità e l’equilibrio degli ecosistemi. Tanto più – aggiunge l’esperto – che ad essere colpiti in queste settimane sono soprattutto i cuccioli che ancora si allontanano poco dalle tane o dai nidi”. Una strage che parte da lontano, si ripete drammaticamente ogni anno e che riguarda soprattutto il Sud. In Campania, Puglia, Calabria e Sicilia si concentra infatti il 55% degli incendi. Nel 2020, secondo i dati elaborati da Legambiente, gli incendi dolosi e colposi sono stati 4.233 e hanno toccato 62.260 ettari.
E quest’anno le cose vanno anche peggio. Secondo i dati del Sistema europeo di monitoraggio, aggiornati all’8 agosto scorso, “nel 2021 – precisa Morabito – sono già 110 mila gli ettari andati in fumo. Di questi 100 mila sono terre siciliane, calabresi e sarde”.