Il tecnico bianconero ha ottenuto per la seconda volta il prestigioso riconoscimento ma nei suoi confronti non c'è stato un plebiscito: perché...
Sul fatto che Massimiliano Allegri potesse/dovesse ottenere la Panchina d'oro come riconoscimento di una stagione straordinaria, quella passata, non c'erano ragionevoli dubbi. Lo scorso anno la Juventus ha conquistato lo scudetto, la Coppa Italia ed è arrivata in finale di Champions League: insomma, diventava oggettivamente complicato non premiare il tecnico livornese. Però esiste un però:
Allegri, su 51 voti, ne ha presi 27. Significa che 24 colleghi allenatori hanno ritenuto insufficiente ciò che ha fatto, prediligendo altri, da Stefano Pioli a Maurizio Sarri. Ora, al di là di qualsiasi riscontro numerico, di qualsiasi classifica meritocratica, di qualsiasi chiave di lettura, non dare il voto ad Allegri è un controsenso professionale e umano. A meno che Allegri medesimo non paghi il fatto di “pilotare” la Juventus, che notoriamente non incontra i gradimenti di tutti, anzi è solita spaccare l'Italia in due, tra chi la ama e chi la odia. In fondo, non ci sarebbe da scandalizzarsi.
In questo caso, però, la Panchina d'Oro non è una faccenda da bar sport e nemmeno un sondaggio giornalistico stile Pallone d'Oro: è il premio che gli allenatori assegnano agli allenatori, un riconoscimento di categoria. Senza nulla togliere, ovviamente, a Pioli e a Sarri – anche a Donadoni che non è nemmeno salito sul podio – Allegri doveva essere protagonista di una sorta di plebiscito. Così non è stato. Ventisette voti sono tanti, d'accordo, ma forse suscitano più clamore quelli mancanti…
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