Una crisi paradossale per un calcio che continua a sfornare allenatori richiestissimi all'estero
La presunta rinascita del calcio italiano sembra già essersi spenta. Nessuna rappresentante di Serie A approda ai quarti di finale delle Coppe europee: un flop che non si registrava da quindici anni. 2000-2001: Parma e Inter ko negli ottavi dell'allora Coppa Uefa, Milan e Lazio eliminate nella seconda fase a gironi che allora era prevista dalla Champions.
Sei italiane ai nastri di partenza di inizio stagione, zero arrivate a metà marzo. E tanti saluti al possibile sorpasso sull'Inghilterra nel ranking. Ad inaugurare la serie di delusioni, in estate, la Sampdoria fatta fuori a sorpresa dai serbi del Vojvodina nei preliminari di Europa League. Un avversario sulla carta più che abbordabile per i blucerchiati allora allenati da Zenga. Scattate con l'ambizione di arrivare fino in fondo, le semifinaliste dell'anno scorso Fiorentina e Napoli si sono incagliate nei sedicesimi rispettivamente contro Tottenham e Villarreal. Soprattutto quella dei partenopei è un'eliminazione che ha fatto rumore, dal momento che Sarri sta degnamente tenendo testa alla corazzata Juventus entro i confini italici. I segnali di allarme, per Sousa, non erano mancati durante il cammino continentale nel quale i viola si sono già arresi a Basilea e Lech Poznan. Entusiasmante, invece, il percorso del Napoli nella fase a gironi: sei partite, sei vittorie prima dello stop del 'Madrigal'.
E' riuscita a spingersi fino agli ottavi la Lazio: se con l'1-1 di Praga le cose sembravano mettersi in discesa per Pioli, la rovinosa caduta all'Olimpico per 3-0 ha riportato i biancazzurri sulla terra. E dire che l'avventura della Lazio era partita addirittura dalla Champions, ma ci aveva pensato il Bayer Leverkusen nel preliminare di agosto a ridurre a due il numero di nostre squadre impegnate nel trofeo europeo più prestigioso.
Nell'anno della finale ospitata a Milano, l'Italia si presentava sfoggiando come biglietto da visita la finale conquistata dalla Juventus a maggio: e proprio i bianconeri, sulla carta, sono l'unica dotata di quel 'respiro europeo' indispensabile per fare strada verso San Siro. Pur dominati a larghi tratti nella gara di ritorno, il Bayern Monaco ha però messo a nudo i limiti, che ancora sussistono, su scala europea di Buffon e compagni. Per quello che riguarda la Roma, l'uscita contro il Real Madrid è stata onorevole grazie agli aggiustamenti portati da Spalletti: ma sempre di uscita si tratta, e forse la sensazione è quella di aver perso un'occasione se si pensa che in questa stagione i Blancos non sembrano dei marziani come, invece, i connazionali del Barcellona.
Nel totale, i numeri delle italiane sono impietosi: nei match ad eliminazione diretta, si è registrato solo la vittoria della Lazio sul Galatasaray (3-1) a fronte di cinque pareggi e sei sconfitte. La dimostrazione che la strada per scalare i piani alti dell'Europa forse è più lunga di quanto pensassimo. Le ragioni della crisi sono molteplici e non si riducono certo a quest'anno. Il nostro movimento paga un serio problema di programmazione a lungo termine – ad eccezione della Juventus – di capacità di reggere la pressione e mantenere competitività su più fronti, di tenere testa alle nuove realtà calcistiche che troppe volte sembrano far sembrare vecchia ed inefficace la nostra presunta superiorità tattica, che pure è l'arma che dovremmo sfoderare di fronte ai budget stramilionari delle big.
Ma i bianconeri tornati meritatamente protagonisti in Europa non possono fare da foglia di fico per i flop delle connazionali. Una crisi che sembra quasi paradossale, per un calcio che continua a sfornare allenatori richiestissimi all'estero: ultimo bellissimo esempio, quell'Antonio Conte prossimo alla grande prova di Stamford Bridge. Forse ci vorrà molto tempo, più di quello che immaginiamo, per tornare dominatori d'Europa e ridare ossigeno al ranking. Nell'attesa di rivedere una piazza come Milano, la grande assente dal cast italiano sul teatro europeo, serve seminare di più e meglio, già da adesso, e non perdere ulteriore tempo se l'obiettivo è davvero quello di rivivere gli antichi splendori.
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