L'ex calciatore era anche stato sospeso da Sky per aver mostrato in tv il tatuaggio "DUX"

"Ci sono rimasto non male, peggio. Ho urlato. Non so neppure cosa sono i social network. Orgoglio ferito. Mi sono sentito un appestato. Avrei voluto reagire d'istinto". Lo racconta, intervistato dal Corriere della Sera, Paolo Di Canio, ex calciatore della Lazio sospeso da Sky dopo la 'scoperta' di un tatuaggio sul suo braccio con la scritta 'Dux'. "Non rinnego le mie idee", dice, ma "il saluto romano sotto la curva Nord. È la cosa di cui mi più mi pento nella mia carriera. Quello è un ambito sportivo, è stupido fare un gesto politico che magari può essere condiviso da alcuni spettatori e amareggiarne molti altri. Non avrei mai dovuto farlo. Lo sport deve restare fuori da certe cose". "Io fascista? Preferirei evitare le etichette. Ho sempre spiegato come la penso – dice Di Canio al Corriere –  non è un mistero. Ma se mi chiede delle leggi razziali, dell'antisemitismo, dell'appoggio al nazismo, quelle sono cose che mi fanno ribrezzo". "Ho creduto in una destra sociale – chiarisce il calciatore –  ho seguito le varie svolte da Fiuggi in poi. Non ho mai preso una tessera. Sono 17 anni che non voto". Eppure quei tatuaggi restano. Toglierli, dice "sarebbe una ipocrisia. Una amica di sinistra mi ha detto che per me sono ormai legati a un'idea romantica e idealista della giovinezza. Forse non è neppure così. Quel che mi porto addosso è il simbolo di ciò che sono stato, di quel che ho fatto. Compresi gli errori".
 

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