Un nuovo capitolo a Coverciano per il portierone? Magari non subito, ma l'ipotesi inizia a farsi strada dopo il caos post Svezia

Nel bel mezzo della tempesta, l'equipaggio azzurro si è aggrappato al suo comandante in campo, l'ultimo punto di riferimento rimasto mentre si sprofondava, nemmeno troppo lentamente, verso l'abisso. Il capitano di mille battaglie che affonda con la nave: ad uno come Gigi Buffon, abituato a mettere la faccia sempre e comunque, non c'era certo bisogno di ricordare il celeberrimo protocollo marinaro. Quella fascia indossata al braccio, con tutti i significati che essa comporta di fronte ad un Paese nel quale si può scherzare su tutto tranne che sul pallone, la sente cucita sulla pelle. L'ha sentita vibrare nel post-Bernabeu, l'inizio della fine. Il momento in cui l'azzurro brillante che doveva colorare nei sogni dei tifosi il cielo sopra il Cremlino si stava tramutando in azzurro tenebra. E l'ha sentita più che mai addosso dopo il clamoroso naufragio con la Svezia. Da grandi poteri derivano grandi responsabilità, è il celebre mantra dei supereroi. E quindi anche del Superman azzurro.

Nei giorni in cui la squadra ha iniziato a dubitare della capacità di Gian Piero Ventura di invertire la rotta e la sfiducia impregnava gradualmente le pareti dello spogliatoio, lo sguardo dei cavalieri chiamati a fare l'impresa – forse il miracolo? – si è volto verso il Monumento. Il Gigione nazionale, la Cima Coppi dei saliscendi del pallone tricolore. Quando la terra inizia a tremare sotto i piedi, del resto, si va in cerca delle fondamenta più solide. Come, appunto, quelle gettate in campo da chi negli ultimi 20 anni ha rivestito i panni di ultimo baluardo di fronte alle avanzate avversarie, sfoderando in ogni occasione un amore senza riserve nei confronti dei colori azzurri. Una cavalcata, quella di SuperGigi, condita da trionfi e cadute – come giustamente richiedono i poemi epici – e che non meritava come epilogo una disfatta di tali proporzioni, bagnata con di calde lacrime in diretta tv. Inumano nelle tante prodezze compiute tra i pali, ma candidamente umano dinnanzi alla fine del sogno ("Mi spiace aver deluso i bambini").

Dopo la deludente sfida con la Macedonia Buffon, presidente del Senato azzurro, ha guidato l'ormai celebre riunione a porte chiuse tra i giocatori – senza la presenza del ct, che comunque ne era al corrente – stimolando il 'patto di ferro' che doveva compattare lo spogliatoio di fronte ai primi, sinistri scricchiolii provenienti dalla panchina. Ma il numero uno bianconero mai ha cercato di oscurare il ct, questo sia chiaro. Così aveva chiarito Buffon alla vigilia del match in Albania, quando era stato costretto a smentire le voci su una fronda anti-Ventura: "In certi momenti si cerca di affrontare le difficoltà con tutto il gruppo, perché venga fuori qualcosa che ci riconduca sulla via maestra". Gli ultimi fuochi della sciagurata gestione del ct, si è visto, hanno condotto invece ad un vicolo cieco. E i retroscena che hanno iniziato a sgorgare a cadavere azzurro ancora caldo ben descrivono come la squadra, arrivata sostanzialmente allo sbando nel giorno del giudizio, si sia davvero aggrappata al carisma di Buffon. Nel tentativo di evitare l'iceberg sul quale, invece, era destinato a scontrarsi il Titanic venturiano.

E proprio una metafora 'marittima' avrebbe usato un giocatore azzurro in un sms indirizzato al compagno nei tesissimi giorni tra Solna e San Siro, come rivelato dal 'Corriere della Sera': "Faremmo meglio con Gigi giocatore, capitano, allenatore: adesso siamo una nave senza comandante, in mezzo alla tempesta". Parole che, unite al profluvio di messaggi – questi pubblici – di ringraziamento e sostegno indirizzati al portierone da tifosi, colleghi ed istituzioni dopo la sua ultima, triste apparizione in Nazionale, ben testimoniano la leadership che il mondo del pallone gli riconosce. E che un movimento – al momento disorientato e dal futuro ancora nebuloso, nonostante l'impellente urgenza di ricostruire dalle macerie – forse non può permettersi di perdere. A questa Nazionale, in sintesi, serve ancora Buffon.

La giovane Italia, dunque, che può ripartire dal simbolo incontrastato della vecchia generazione. Non suoni come sacrilegio, anzi. Non a caso, nel day after molte voci si sono elevate in favore di un Gigione ancora presente in Nazionale: dal momento che il campo non perdona la carta d'identità, allora magari nel ruolo di possibile ct. Ipotesi stuzzicante e certamente sospinta dalla gran voglia di ghigliottina di un popolo che dopo lo choc di San Siro invoca piazza pulita. E riconosce in Gigi il capo carismatico intorno a cui riaccendere un motore al momento singhiozzante.

Lo stesso Buffon, del resto, non ha mai nascosto di conservare nel cassetto la voglia di misurarsi da allenatore di una selezione, magari partendo da pesi 'leggeri' come Cina o Usa. Irrealistico che il ragazzone di Carrara possa vedersi affidata, o possa accettare, la panchina della sua Italia già ora, ma ciò non toglie che da giugno, appesi – al netto di ripensamenti – i guantoni al chiodo con la Juventus, non possa essere tentato da un nuovo capitolo della sua carriera a Coverciano, per lavorare a stretto contatto con un gruppo che lo accoglierebbe a braccia aperte sulla strada di un Europeo 2020 che andrà concluso sul podio per provare a lavare l'onta.
Magari inizialmente nelle vesti di team manager, facendo da chioccia per i giovani, da collante tra spogliatoio e ct, da 'mediatore' con un mondo, quello dei media, con cui si è sempre dimostrato disponibile e al quale ha sempre offerto riflessioni mai banali. La presenza di Buffon, peraltro, potrebbe anche influire sulla decisione di Chiellini di proseguire con la Nazionale fino all'Europeo.

Frequentando i dintorni della panchina più 'calda' d'Italia, ovviamente, Buffon potrebbe gettare i semi in vista di una possibile maturazione da allenatore di club e commissario tecnico. A proposito di monumenti azzurri, c'è il precedente – non serve sottolineare i punti di contatto delle rispettive carriere – di un certo Dino Zoff, che partì con l'Italia Olimpica. E il più benaugurante degli esempi che giunge, guarda un po', dal nome che più di tutti in queste ore è accostato al dopo-Ventura: Carlo Ancelotti. Chiusa la sua avventura da giocatore, il tecnico di Reggiolo avviò la seconda vita da allenatore affiancando da vice Arrigo Sacchi in Nazionale. Il resto della storia, e della gloria, lo conosciamo tutti.
Chissà che superGigi non possa seguirne le orme.
 

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