L'attaccante del Chelsea si è sfogato in una lunga intervista ad Abc: "Colpa della testa, è lei che comanda il corpo". Ma è l'ultimo esempio di una lunga lista di calciatori

Ci sono momenti nei quali tutto quello che hai di buono non basta a darti felicità. Non basta giocare in uno dei top club d'Europa, rappresentare il tuo Paese con la maglia della Nazionale e avere due splendidi gemelli nati da una bellissima moglie veneziana. A volte basta uno schiocco di dita e in un attimo puoi piombare in un incubo. Diventare abulico, arrabbiato con tutti, depresso. All'improvviso puoi ritrovarti in "un buco nero", come lui stesso lo ha definito. Alvaro Morata, 26 anni, attaccante del Chelsea, si racconta senza freni in un'intervista al giornale Abc dal ritiro della Nazionale spagnola di Las Rozas, comune a Nord-Est di Madrid. La felicità, il baratro improvviso, poi la battaglia vinta grazie all'aiuto di uno psicologo contro un mostro chiamato depressione. 

"Ero totalmente fuori dal mondo – racconta l'ex giocatore della Juve -, andavo contro tutto e tutti: l'arbitro, i rivali, i tifosi. Mi rendevo conto che non stavo bene e sapevo che dovevo recuperare, ma non era facile, non era una questione di una settimana o due". La lotta contro la depressione può essere vinta solo in una maniera, con l'aiuto di un professionista: "All'inizio avevo un po' di vergogna a parlare dei miei problemi a uno psicologo – prosegue Morata nell'intervista -. Negavo il problema e mi tiravo indietro, poi però mi rendevo conto che avevo bisogno di una mano. Ancora oggi continuo ad andare perché mi aiuta a gestire la pressione e le emozioni, nonostante stia già molto meglio". La cosa più importante è allenare la testa, perché "è lei che controlla il corpo". La stessa che gli ha fatto perdere la voglia "di giocare a calcio, che per noi è la cosa più bella che c'è". La stessa che l'ha tenuto fuori dal Mondiale in Russia, dopo la scelta di Lopetegui di non convocarlo: "Me ne sono andato dal Real Madrid per giocare la Coppa del Mondo e mi sono ritrovato senza, è difficile tornare a toccare un punto così basso". Una delusione grande, sommata a quelle vissute nell'ultima stagione con il Chelsea e iniziate con un brutto infortunio alla spalla: "Ero 'Pichichi' (capocannoniere, ndr) della Premier – continua lo spagnolo -, la gente mi adorava, mi incitava". Da un giorno all'altro, però, ecco la caduta nel 'buco nero': "Le persone mi incontravano per strada e mi chiedevano di andarmene, non credo tornerò a vivere qualcosa di simile".

Durante l'estate, le possibilità di lasciare Londra per Morata erano molto alte, con il Milan timidamente alla finestra per cercare di prenderlo: "Mi sono detto che forse sarebbe stato meglio andarsene – dice -, trovare una squadra dove le pressioni erano di meno. Mia moglie (Alice Campello, ndr) rideva e mi diceva: 'Non dire stupidaggini'. Ora sono più felice che mai, sia qui che in Nazionale. Sono tornato a fare gol nonostante questo non sia il mio miglior periodo". Un cambiamento importante e positivo, che l'ha portato anche ad abbandonare il suo numero di maglia: dallo storico 9 al 29, giorno di nascita dei suoi due bambini a luglio: "È stato un po' come scappare rapidamente dal passato e dalla mia testa – afferma l'attaccante -. Non volevo tornare indietro perché sentivo che questo numero mi portava solo negatività". 

Non è l'unico caso. Tantissimi calciatori sono caduti in un baratro profondo. Alcuni ne sono usciti, altri no. Tra i più recenti l'ex calciatore dell'Arsenal, Emmanuel Adebayor, che ha confessato più volte "di aver pensato al suicidio". Fra i più noti, anche giocatori che nel corso della loro carriera si sono rivelati tra i più forti di tutti i tempi. Gigi Buffon nella sua autobiografia Numero 1 ha raccontato di essere finito da uno psicologo perché non era soddisfatto della sua vita e del calcio: "Certe volte, mi tremavano le gambe all’improvviso". Il più forte di tutti, Diego Armando Maradona, è riuscito a convivere con i suoi vizi al di fuori del campo da gioco: l'alcol, la cocaina, il male di vivere. Gli stessi del 'quinto beatle' George Best, colonna indiscussa del Manchester United, morto il 25 novembre 2005, che in un'intervista ammise di aver speso gran parte dei suoi soldi "per alcol, donne e macchine veloci, il resto l'ho sperperato". Sulle pagine dei principali quotidiani nazionali spesso è finito anche l'ex laziale Paul Gascoigne. "Gazza" ha rischiato la vita più volte, sottoponendosi negli ultimi anni a trattamenti di disintossicazione dalla droga e dal bere. Vizi che però si sono succeduti nel corso degli anni e che ogni tanto lo fanno inciampare. 

Adrian Mutu, ex calciatore di Inter, Chelsea, entrò in una clinica dopo la squalifica di nove mesi per doping durante la sua esperienza alla Fiorentina. Dopo essersi ripulito, riuscì a continuare la sua carriera sportiva. Noto fu anche il tentativo di suicidio nell'estate 2006 di Gianluca Pessotto, attuale team manager della formazione Primavera bianconera. L'Italia di Lippi vinceva il Mondiale a Berlino, l'ex difensore si lanciò nel vuoto dalla sede della Juve in corso Ferraris, a Torino. Tra gli esempi meno recenti si ricorda anche il suicidio di Agostino Di Bartolomei nella sua villa di San Marco di Castellabate (Salerno). Il 30 maggio 1994, all'alba, in una mattinata di fine primavera, si sparò con una pistola al cuore, vittima, anche lui, di una brutta bestia chiamata depressione.

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