Assolti gli 11 club e Agnelli e De Laurentiis

Tutti prosciolti. Il primo round del processo sportivo sulle plusvalenze fittizie se lo aggiudicano i club. Al tappeto, ancora una volta, finisce la procura Figc. Il processo davanti al Tribunale federale presieduto da Carlo Sica si è risolto con un nulla di fatto: assolti gli 11 club, tra cui cinque di Serie A, e i 59 dirigenti nei confronti dei quali il procuratore Chinè aveva chiesto maxi-multe e inibizioni. La materia si conferma scivolosa per la giustizia sportiva che solo in un caso -quello delle plusvalenze Chievo-Cesena in un procedimento che però iniziava con altre premesse e intercettazioni- si è concluso con delle sentenze di condanna.

Le società erano state deferite per avere contabilizzato nelle relazioni finanziarie plusvalenze e diritti alle prestazioni dei calciatori per valori eccedenti a quelli consentiti dai principi contabili, secondo la tesi della procura non accolta dal Tfn. Si attendono le motivazioni delle sentenze, che saranno rese note nei prossimi giorni. Intanto, i club e i loro legali possono godersi la netta vittoria.

Enorme soddisfazione filtra da ambienti Juventus: la procura Figc aveva chiesto 16 mesi e 10 giorni di inibizione per l’ex ds Fabio Paratici, 12 mesi per il presidente Andrea Agnelli, 8 mesi per i suoi vice Pavel Nedved e Maurizio Arrivabene, 6 mesi e 20 giorni per il ds Federico Cherubini e 800mila euro di ammenda per il club. Esulta anche il Napoli, che rischiava una multa di 329mila euro e inibizioni lunghe per i suoi dirigenti a partire dal presidente Aurelio De Laurentiis (11 mesi e 5 giorni). Per il legale del club, Mattia Grassani, era una sentenza già scritta. “Conferma ancora una volta come le società siano libere di attribuire ai calciatori il valore di mercato ritenuto già congruo. Una decisione in senso diverso oggi avrebbe ucciso il calciomercato”, rimarca Grassani, per il quale sul caso di Osimhen “affermare come ha tentato la procura federale che al momento del passaggio del giocatore dal Lille al Napoli il prezzo reale dell’attaccante fosse di 20 milioni inferiore a quello attribuito dalle parti in modelli federali ha rappresentato un azzardo”. “Il giocatore non solo valeva interamente il prezzo pagato dal club azzurro ma addirittura se il Napoli non fosse stato tempestivo e concreto nella trattativa il valore di Osimhen poteva aumentare almeno fino a 80 milioni”. “Da un punto di vista politico – conclude il legale – il tema delle plusvalenze con la pronuncia del Tfn speriamo abbia avuto definitiva regolamentazione. Nessuno può intervenire dall’esterno rettificando con algoritmi o tabelle di comparazione dinamiche contrattuali che si basano invece su aspetti in continuo movimento e non sono statici come invece le perizie o i profili di Transfermarkt. Il mercato vero del calcio non è un gioco di società a tavolino”.

Un pensiero condiviso da un altro esperto avvocato come Eduardo Chiacchio, che in questo processo difende il Novara. “A me -osserva- questa sentenza non insegna nulla, già avevo affrontato un processo simile con il giocatore Gianluca Mancini oggi alla Roma, e allora si giunse a una sentenza di proscioglimento. Agli altri legali ha insegnato che non è possibile fare delle valutazioni sul valore patrimoniale dei calciatori”.

Alla procura federale resta sempre la strada del ricorso alla Corte d’appello (per il quale si attendono le motivazioni). Per l’ennesima volta, però, un tribunale federale ha ribadito che non è possibile intervenire in una trattativa privata. E che senza una ‘pistola fumante’ (come appunto nel caso di Chievo e Cesena) arrivare a una sentenza di condanna sulle plusvalenze resta, ad oggi, una missione impossibile.

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