Il leggendario capitano rossonero ha saputo fare la differenza anche nella veste di dirigente

Da campione di tutto in campo al primo Scudetto dietro la scrivania. Il primo titolo di campione d’Italia del Milan post era Berlusconi porta anche, se non soprattutto, la firma di Paolo Maldini. Il leggendario capitano dell’epoca d’oro dei trionfi in Italia e in Europa è stato una sorta di trait d’union tra il passato glorioso sotto la presidenza del Cavaliere e il futuro legato al fondo Elliott. Il 5 agosto 2018 è stato annunciato il suo ingresso nell’organigramma societario del Milan come direttore dello sviluppo strategico dell’area sport. Il 14 giugno 2019 è stato poi nominato direttore tecnico in sostituzione del dimissionario Leonardo. L’ex capitano rossonero, dopo venticinque anni di gloriosa carriera da giocatore, è passato così a occuparsi di tutte le attività e le priorità della squadra, rappresentate in particolare dalla campagna trasferimenti. Prima in coppia con Zvonimir Boban e poi, dopo l’addio dell’ex campione croato, da solo con il supporto di Ricky Massara come direttore sportivo, Maldini è stato l’uomo che nel momento più difficile, quando anche la sua stessa permanenza era in bilico, ha tenuto duro e confermato la fiducia in Stefano Pioli contro la volontà della proprietà che aveva già un accordo con il manager tedesco Ralf Rangnick.

E’ stato lui a scovare al Real Madrid un Theo Hernandez ‘intristito’ per il poco spazio e a portarlo a Milano, forte del suo carisma e dell’ammirazione che il francese aveva per lui. Nel giro di un paio d’anni Theo è diventato a sua volta uno dei migliori terzini sinistri del mondo. Ed è stato ancora Maldini a convincere Zlatan Ibrahimovic, alla soglia dei 40 anni, a lasciare il suo crepuscolo dorato negli Stati Uniti per rimettersi in discussione in Italia. E’ stato sempre Maldini, d’accordo con la proprietà, ad avere il coraggio a rinunciare a parametro zero a Gigio Donnarumma, sicuro di aver scovato a costi più contenuti il suo sostituto in Mike Maignan. Come hanno raccontato a più riprese i giocatori di questo Milan, la sola presenza a Milanello di una leggenda come Maldini è stata fondamentale per instillare in un gruppo di giovani di belle speranze quella sana cattiveria agonistica, quella fame di vittoria, che differenziano il giocatore normale dal campione.

Scritta un’altra pagina di storia del glorioso club rossonero, a Maldini ora il compito di costruire l’anno prossimo una squadra in grado di ripetersi in Italia e di ben figurare anche in Europa. E se in questi ultimi anni, il dirigente rossonero ha dovuto imparare a scovare talenti a prezzi contenuti per stare nei paletti fissati da Elliott, chissà che con il passaggio di proprietà le risorse a disposizione sul mercato non siano superiori e quindi con la possibilità di riportare al Milan anche campioni affermati. Intanto, un primo colpo per la prossima stagione sembra già essere stato piazzato con l’ingaggio a parametro di Divock Origi. Ma altrettanto fondamentale sarà blindare i talenti migliori già in rosa, a partire da Rafael Leao e Sandro Tonali. L’attaccante portoghese, con il contratto in scadenza nel 2024, è letteralmente esploso in questa stagione trascinando a suon di gol e assist la squadra verso lo Scudetto. Inevitabile che su di lui abbiano messo gli occhi club blasonati come il Psg a diverse squadre di Premier League. Per questo rinnovare il contratto e adeguare l’ingaggio di Leao sarà uno dei temi dell’estate rossonera. Investcorp sarebbe pronta a mettere sul piatto una proposta economica importante per accontentarlo. Si parla di un’offerta pari a 4,5 milioni di euro a stagione fino al 2026 (il triplo dell’attuale stipendio). E’ su Leao e sui vari Tonali, Kalulu, Tomori, etc, che Maldini e il Milan intendono porre le basi per un futuro vincente non solo in Italia.

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