La decisione del Collegio di Garanzia dello Sport. Il reclamo è stato ritenuto "in parte inammissibile e in parte infondato"
Il Collegio di Garanzia dello Sport, all’esito della sessione di udienze a Sezioni Unite tenutasi venerdì al Coni e presieduta da Gabriela Palmieri, ha respinto perché in parte “inammissibile ed in parte infondato”, il ricorso presentato, in data 5 ottobre 2023, dall’ex presidente della Juventus, Andrea Agnelli, contro la Figc e la Procura Federale della Figc contro la decisione della Corte Federale di Appello della Figc emessa il 28 agosto 2023 e depositata in data 6 settembre 2023, nell’ambito del procedimento con il quale in parziale accoglimento del reclamo del ricorrente contro la decisione del Tribunale Federale Nazionale (che aveva irrogato, nei confronti di Agnelli, la sanzione dell’inibizione per la durata di 16 mesi e dell’ammenda per € 60.000,00 in relazione ai capi A e B, disponendo invece il proscioglimento del deferito in relazione al capo C), è stata riformata la decisione di primo grado e, per l’effetto, irrogata, nei confronti di Agnelli la sanzione dell’inibizione della durata di 10 mesi e la sanzione dell’ammenda di € 40.000,00. Il Collegio ha inoltre disposto che le spese, liquidate in 2 mila euro, a carico del resistente.
Cosa sono le manovre sugli stipendi
Il procedimento a carico di Agnelli riguarda le cosiddette “manovre stipendi”, relative alle annate 2019-20 e 2020-21. Nel primo caso, i dirigenti della Juventus avrebbero violato l’art. 4, comma 1, del Codice di Giustizia Sportiva (“principi di lealtà, correttezza e probità”) per avere depositato presso la Lega Serie A gli accordi di riduzione di 4 mensilità (marzo, aprile, maggio e giugno 2020) di 21 calciatori e dell’allenatore, omettendo di depositare gli accordi economici di integrazione ovvero di recupero di 3 delle 4 mensilità rinunciate (aprile, maggio, giugno 2020) già conclusi con i medesimi calciatori e con l’allenatore, nella consapevolezza che gli accordi economici contenenti le integrazioni stipendiali per il recupero delle mensilità rinunciate sarebbero stati depositati dopo il 30.6.2020, ovvero dopo la chiusura dell’esercizio contabile al 30.06.2020, come poi effettivamente accaduto. La stessa violazione è contestata per la stagione 2020-21, in relazione agli accordi di riduzione stipendiale di importi sostanzialmente pari a 4 mensilità (marzo, aprile, maggio e giugno 2020) di 17 calciatori nella consapevolezza che non vi sarebbe stata alcuna riduzione stipendiale effettiva, in quanto i medesimi importi sarebbero stati riconosciuti agli stessi calciatori (circostanza poi non verificatasi soltanto per Dybala e Cristiano Ronaldo) nelle stagioni sportive successive, così come già concordato fra le parti attraverso scritture private non riportate su moduli federali (le c.d. side letter). Circostanza poi effettivamente verificatasi attraverso il deposito, successivamente al 30.6.2021, data di chiusura dell’esercizio contabile 2021 (salvo che per Arthur Melo, il quale ha percepito gli importi stipendiali rinunciati nella stagione 2022/23 a titolo di incentivo all’esodo) di accordi economici di integrazione stipendiale. Il tutto, inoltre, al fine di postergare negli esercizi successivi (2022 e, per alcuni, anche 2023) i costi correlati agli importi rinunciati dai calciatori prima del 30.06.2021, con ciò peraltro violando il principio contabile di competenza economica e, dunque, in tal modo violando il principio di par condicio con le altre società consorelle della Lega di A, in punto di equilibrio economico finanziario.
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