In otto anni di gestione ha collezionato due scudetti, tre Coppe Italia, due Supercoppe e due finali europee
Due scudetti, tre Coppe Italia, due Supercoppe Italiane in otto anni di gestione. La media è di quasi un trofeo all’anno, senza dimenticare le due finali europee disputate – ma finite male – nel 2020 con il Siviglia in Europa League e un anno fa a Istanbul contro la corazzata Manchester City nel palcoscenico più prestigioso della Champions League. Con il comunicato di Oaktree si è ufficialmente chiusa l’era Suning alla guida dell’Inter, un ciclo vincente condizionato pesantemente dalla pandemia.
La gestione pre e post Covid
C’è stata infatti una gestione pre Covid e una post Covid: la holding cinese, che aveva acquisito la società nel 2016 da Erick Thohir, si è presentata a Milano aprendo il portafoglio e spendendo cifre ingenti, ma dal 2021 – l’anno in cui è arrivato il primo tricolore sotto la guida di Antonio Conte – è iniziata una politica di riduzione dei costi e di ripianamento dei debiti. Proprio in quel periodo risale l’accordo tra la famiglia Zhang e il fondo Oaktree: un prestito triennale pari a 275 milioni più il 12% annuo di interesse che Suning non restituirà mai e che ha portato al passaggio di proprietà. Con legittimi interrogativi su ciò che sarà del club nel futuro, a breve e medio termine.
Zhang dietro solo a Massimo Moratti
Steven Zhang, entrato nel CdA nerazzurro nel giugno 2016 e nominato ufficialmente presidente nell’ottobre 2018, con il fresco trionfo di Simone Inzaghi è diventato il secondo presidente più vincente della storia dell’Inter. Alle spalle del solo Massimo Moratti, alla guida dal club dal 1995 al 2004 e dal 2006 al 2013 e capace di conquistare ben sedici titoli. Per il manager cinese, il più giovane nella storia della società a ricoprire tale carica, resta la soddisfazione di aver riportato nel 2021 in viale della Liberazione uno scudetto che mancava dall’anno del Triplete e di aver allestito un’area tecnica solida, coordinata dall’Ad Beppe Marotta, uno dei ‘colpi’ più lungimiranti di Zhang. Non va però dimenticata la macchia del nuovo stadio, che rimane un nodo tuttora irrisolto – ma condiviso con l’altra metà di Milano – e di un’uscita di scena che poteva essere diversa.
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