La pandemia ha colpito il mondo del nuoto secondo cui i ristori previsti dal governo risultano essere "ridicoli, inutili al sostegno di chi gestisce"
L’emergenza Covid-19 e la crisi economica che ne è conseguita ha colpito anche il mondo del nuoto e delle piscine perché chiudere e riaprire una piscina “non è come accendere o spegnere una lampadina, non è una palestra o altro impianto sportivo”. Chiudere significa “mettere in atto una serie di procedure che garantiscano una minima ventilazione dell’aria, una minima circolazione e disinfezione dell’acqua”: consumi e costi non sono a zero. I ristori previsti dal governo risultano essere “ridicoli, inutili al sostegno di chi gestisce”.
In una lettera aperta alle Istituzioni, all’Italia Sportiva e agli Italiani che non possono accedere alle Piscine Pubbliche, i gestori di piscine riuniti in Piscine Italiane Unite (Piu), protestano con forza per la situazione del settore e reclamano un intervento urgente del governo su cinque misure specifiche: misure di sostegno a fondo perduto, almeno il 50% dei mancati ricavi per tutti i mesi di chiusura; Credito d’imposta 100% sui costi sostenuti ad impianto chiuso; Misure di accesso al credito automatico e garantito al 100%; Proroga convenzioni e contratti di locazione per almeno 10 anni; Ecobonus 110% allargato a qualsiasi intervento sugli impianti sportivi
“Il presidente della FIN Paolo Barelli – si legge nelle lettera dei gestori Piscine Italiane Unite pubblicata sui social – si dice preoccupato per le prossime Olimpiadi. Se questo è in piena coerenza con il suo ruolo istituzionale, dato che lo scopo delle federazioni sportive è proprio la selezione degli atleti da far competere ai massimi livelli, dal momento che Barelli vive ai vertici federali da decenni, conosce molto bene le problematiche di chi gestisce una piscina (impianti di grandi dimensioni, costi elevatissimi, necessità di personale qualificato ed in gran numero, condizioni di gestione diverse, contributi, solo per alcuni ecc.) ben diversa da palestre, centri fitness e la maggior parte degli impianti sportivi”.
La scelta di includere i piccoli della propaganda tra gli atleti di interesse nazionale, di “tesserare tutti e tutto” non ha permesso neanche lontanamente di coprire le spese di gestione ed apertura. Invece, specificano i gestori nella lettera aperta, “ha creato uno spaccature tra gestori “buoni” che hanno tenuto aperto (in netto contrasto con quanto previsto dai DPCM: allo scopo di contrastare e contenere il diffondersi del virus…) e “cattivi” che hanno chiuso (“egoisticamente” secondo alcuni genitori aggressivi). In realtà ha separato i gestori “furbi”, magari quelli che ottengono i contributi in conto gestione, da quelli “onesti”. Questa scelta ha avuto come ulteriore conseguenza separare i frequentatori di piscina in nuotatori di serie A e di serie B, quelli che in piscina ci vanno per il piacere, la salute, la prevenzione, un corretto stile di vita. Così il mondo delle piscine si trova ulteriormente diviso, incapace e impotente nel difendere in modo compatto sue legittime istanze.
Infine “una disparità di trattamento nei confronti dei collaboratori con “regali” ad alcune categorie ed “elemosina” per altre, sperperando risorse di Sport e Salute che potevano essere veicolate in maniera più puntuale ed efficace al fine di far sopravvivere le società. Non ci sarà alcuna attività sportiva ed agonistica senza le società ed i gestori”.
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