Riunione sulla pandemia, presenti anche Locatelli e Brusaferro. Non si è parlato di riaperture
Vertice di oltre due ore questa stasera a Palazzo Chigi per fare il punto sulla situazione della pandemia e in vista del nuovo Dpcm, che entrerà in vigore dal prossimo 6 marzo: al tavolo oltre al premier Mario Draghi partecipano anche i ministri competenti, e gli esperti del Cts, il presidente del Consiglio superiore di Sanità Franco Locatelli, il presidente dell’Istituto Superiore di Sanità Silvio Brusaferro e il coordinatore del Cts Agostino Miozzo. Il 5 marzo scade il Dpcm emanato dal governo Conte sulle norme anti-Covid.
“Al presidente Draghi abbiamo rappresentato i dati e i numeri dal punto di vista scientifico. Noi siamo prudenti, ma non abbiamo descritto una situazione di catastrofe imminente“. Ha detto il coordinatore del Comitato tecnico-scientifico, Agostino Miozzo, all’uscita da Palazzo Chigi. “Non abbiamo parlato di riaperture, lo faremo in un’altra occasione – spiega -. Venerdì ci sarà una nuova fotografia della situazione, poi vedremo”. Domani, alle 13.30 nell’aula del Senato, interverrà il ministro della Salute Roberto Speranza.
Nel frattempo, il vaccino anti-Covid prodotto dall’azienda farmaceutica Astrazeneca potrà essere utilizzato “nella fascia di età compresa tra i 18 e i 65 anni (coorte 1956), ad eccezione dei soggetti estremamente vulnerabili”. Lo prevede una circolare del Ministero della Salute che aggiorna le modalità di somministrazione del prodotto. Il documento è firmata dal direttore generale Prevenzione del dicastero, Gianni Rezza.
La decisione è stata presa a seguito del parere del Cts dell’Aifa e, come precisa la circolare, arriva da nuove evidenze scientifiche “che riportano stime di efficacia del vaccino superiori a quelle precedentemente riportate, e dati di immunogenicità in soggetti di età superiore ai 55 anni, nonché nuove raccomandazioni internazionali tra cui il parere del gruppo Sage dell’Oms”. Pertanto, il siero Astrazeneca “può essere offerto fino ai 65 anni (coorte 1956) compresi i soggetti con condizioni che possono aumentare il rischio di sviluppare forme severe di Covid-19 senza quella connotazione di gravità riportata per le persone definite estremamente vulnerabili”.
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