La mutazione inglese è ormai prevalente in Italia
La macchina che punta a riorganizzare la campagna vaccinale è partita: il piano resta quello già approvato ma il sistema, abbandonato il progetto delle ‘primule’, va potenziato con strutture e personale esistenti.
Al cambio di passo chiesto dal Governo lavorano il nuovo capo della Protezione civile, Fabrizio Curcio, e il nuovo commissario all’emergenza, generale Francesco Paolo Figliuolo, che martedì hanno avuto una prima riunione.
Al centro del colloquio la riorganizzazione del sistema che, almeno per ora, proseguirà con il doppio binario delle somministrazioni: Pfizer e Moderna ad anziani e categorie fragili, AstraZeneka agli under 65 in buone condizioni di salute.
Il personale della Difesa si occuperà, come già avviene nell’hub di Pratica di Mare, della logistica legata alla distribuzione delle preziose fiale. Mentre sul fronte delle somministrazioni, crescerà il ruolo di coordinamento della Protezione civile, a stretto contatto con strutture sanitarie e medicina del territorio.
Questi, a quanto si apprende, i temi al centro della prima riunione tra Curcio e Figliuolo, che hanno incontrato anche il ministro della Salute Roberto Speranza e la ministra agli Affari Regionali Mariastella Gelmini. Venerdì la prima Conferenza Stato-Regioni del dopo Arcuri, in cui si tornerà a fare il punto sulla situazione considerando anche il temuto fattore ‘varianti’.
Da una ricerca dell’Istituto superiore di sanità appena pubblicata, emerge come la variante ‘inglese’ sia diventata prevalente in Italia: rappresenta infatti il 54% dei contagi, a fronte del 4,3% della ‘brasiliana’ e dello 0,4% della ‘sudafricana’.
La mutazione scoperta nel Regno Unito non sembra influire sull’efficacia dei sieri in uso in Italia, ma il fatto che nel giro di meno di un mese si passata dal 27% al 54% dei contagi, basta per far scattare l’allarme, con il presidente dell’Iss Silvio Brusaferro che invoca un “rafforzamento delle misure di mitigazione per ridurre le occasioni di trasmissione del virus”.
L’obiettivo resta far correre la campagna vaccinale, anche per frenare contagi e varianti prima che si sviluppino resistenze ai sieri, e anche per questo in tanti, a cominciare dal sottosegretario alla Salute Pierpaolo Sileri, chiedono ad Aifa di valutare la possibilità di prediligere le singole dosi, come fatto nel Regno Unito, dove però la quantità di dosi disponibili è nettamente superiore a quella arrivata nei Paesi dell’Ue.
Il problema principale resta la carenza di vaccini e la poca affidabilità dimostrata dalle case produttrici. La caccia alle dosi è sempre aperta: si guarda alla riunione dell’11 marzo in Ema, quando potrebbe arrivare l’ok al vaccino Johnson & Johnson, mentre proseguono i contatti tra l’Agenzia europea dei farmaci e altri produttori, a cominciare dai russi dello Sputnik, per arricchire la lista dei vaccini somministrabili in Ue.
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