Così Francesco Clementi, professore di diritto pubblico comparato all'università di Perugia, intervistato da LaPresse
“Imporre l’obbligo dei vaccini non è incostituzionale, a patto che vi sia una legge – o un atto avente valore di legge – che lo esiga. Se farlo o meno, è una decisione che appartiene alla sfera politica che, però, deve basarsi sulle evidenze scientifiche del Cts, consulente del governo in materia di salute in relazione alla pandemia da Covid”. Così il costituzionalista Francesco Clementi, professore di diritto pubblico comparato all’università di Perugia, intervistato da LaPresse.
“Una decisione di questo tipo deve avere una giustificazione importante dal punto di vista socio-sanitario”, spiega Clementi. “Il parametro per capire se una misura così sia coercitiva o garantista dipende dalla considerazione che determini o meno la fine della pandemia. E a questo può rispondere solo il Comitato tecnico scientifico”, continua Clementi. Che sintetizza: “il fondamento scientifico consente al governo di prendere una decisione politica“. Al contrario, se il Cts “non offre al governo argomentazioni scientifiche plausibili, allora è chiaro che la decisione di fare una legge che obblighi a vaccinarsi rischia di prestare il fianco ad accuse di arbitrarietà”. E sulla riluttanza di alcune categorie o fasce di età a vaccinarsi, Clementi è categorico: “Chi non si vaccina perché confida nell’immunità di gregge, scommette sul fatto che lo facciano gli altri. E questo non solo è irresponsabile, ma incoerente e immorale. Una posizione intollerabile”.
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