Torino, 18 set. (LaPresse) – “Seguite la vostra coscienza, se pensate che fare una cosa sia giusto, fatela”. Silvano Girotto torna a parlare dopo molti anni in esclusiva per LaPresse. E quello che era noto negli anni 70′ come ‘Frate Mitra’ non si smentisce, anche a 72 anni dopo una vita incredibile, tanti misteri ed una vecchiaia che passa in Etiopia ad aiutare la sorella Laura in una missione a costruire un ospedale che ospiterà cento posti letto. Ma chi è Silvano Girotto? Nato a Caselle, cresce nel quartiere più operaio di Torino, Mirafiori. Lì commette i primi errori e finisce al riformatorio. Per paura del papà Carabiniere fugge dalla Questura di Torino saltando da una finestra e si arruola nella Legione Straniera. Poi si fa prete, dopo altre disavventure finisce in Bolivia dove dopo essersi tolto saio aderisce al movimento rivoluzionario dei Mir, e qui spara e lancia granate contro i militari che hanno preso il potere nel 1971, e si innamora. A farlo finire sui libri di storia è però il suo ruolo decisivo nella cattura di Renato Curcio e Alberto Franceschini a Pinerolo l’8 settembre 1974.

“Ero tornato dalla Bolivia, ed i carabinieri si misero in contatto con mia madre e poi vennero a casa mia, e mi dissero: ‘Non sappiamo dove sbattere la testa con Br, ci aiuterebbe?’. E dissi di sì”. Così cominciò il mese forse più importante di ‘Frate Mitra’, che l’ha ripercorso a margine del Prix Italia a Torino, dove è stata presentata oggi una puntata speciale di ‘La storia siamo noi’ di Giovanni Minoli dedicata a Girotto e che andrà in onda il 22 settembre. Uomo dai molti agganci e dalle variegate conoscenze, attraverso pochi passaggi Girotto arriva a Renato Curcio e al terzo incontro lo fa arrestare dai nuclei speciali del generale Dalla Chiesa. Ma lei come fa a essere vivo? “Bisogna essere come formiche in formicaio e non farsi notare, così non mi troveranno mai” ricorda, e aggiunge tutto d’un fiato: “Che poi il mito dell’intelligence delle Br è fasullo, leggevano i giornali e basta. Io ho sempre avuto il nome sul campanello, e nessuno mi ha mai minacciato, anche perché forse sapevano che avevo un mitra sotto il sedile”. Guardando il documentario Girotto ha un moto d’orgoglio, tra tanti rammarichi: “E’ la prima volta che anche Gian Carlo Caselli parla di me, non l’aveva mai fatto”.

Sul perché Girotto si sia alleato con i carabinieri nessun mistero, almeno a sentire lui: “Avevo capito che le Brigate rosse avrebbero dato vita a una strage soprattutto tra i giovani, ed ho fatto tutto quello che potevo per fermarli, purtroppo non ci sono riuscito, ma sono stato a un passo dal fermare gli anni di piombo”. Sul perché Curcio si sia fatto conquistare e in fondo abbindolare da Girotto, frate Mitra non sa dire “forse le mie conoscenze militari”. A proposito dell’altro arrestato eccellente di quel blitz invece riserva l’ennesimo colpo di scena: “Con Franceschini siamo amici da molti anni”. Le voci che lo volevano guidato da Cia e servizi segreti nostrani non possono essere smentite, gli archivi restano chiusi, Girotto ovviamente nega: “C’era da aver più paura in Sudamerica che qui negli anni ’70 – ricorda – la cosa buffa è che io poi, per colpa del mio presunto coinvolgimento con ambienti pericolosi, ho anche perso un lavoro. Ero a Dubai, è arrivò un telex dalla prefettura di Vicenza che intimava alla ditta di ‘disfarsi’ di me”. Orecchiando alle conversazioni di Girotto con chi ha visto ieri in anteprima la puntata di ‘La storia siamo noi’ spuntano amici e colleghi di lavoro, e anche un misterioso “letto sotto cui nascosi delle armi, chissà se le hanno mai trovate”.

“Io ho solo cercato di essere coerente” conclude Girotto che si dice contento della sua vita. “Se ritorno a quegli anni soffro con deferenza per chi è morto, io ho cercato di evitare quella tragedia” spiega, e sull’Italia di oggi è laconico: “Siamo in una situazione che mi rattrista immensamente, speriamo finisca presto – conclude l’ex Frate Mitra – ho molta speranza nei giovani, che oggi vivono una situazione più difficile della nostra. Speriamo trovino il modo di farsi sentire”. Stringe ancora qualche mano e poi se ne va, venerdì riparte per la Somalia e con la moglie conosciuta in Bolivia andrà ad aiutare i bambini del progetto ‘Amici di Adwa’ nonno Girotto.

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