Roma, 6 lug. (LaPresse) – Dopo la sentenza, “è il momento delle scuse”. Il capo della polizia, Antonio Manganelli, parla, dopo 11 anni di silenzio da parte de tutte le istituzioni, e lo fa nella maniera più ‘impattante’. Ieri la Cassazione ha confermato le condanne per i vertici della polizia già condannati per i pestaggi alla scuola Diaz durante il G8 di Genova del luglio 2001. E oggi, Manganelli, che all’epoca dei fatti non era ai vertici, dice che è scattata l’ora delle scuse, “soprattutto ai cittadini che hanno subito danni, ma anche a quelli che, avendo fiducia nell’Istituzione-Polizia, l’hanno vista in difficoltà per qualche comportamento errato ed esigono sempre maggiore professionalità ed efficienza”. Manganelli si dice poi “orgoglioso di essere il Capo di donne e uomini che quotidianamente garantiscono la sicurezza e la democrazia di questo Paese”.

Un orgoglio che non mette in discussione né il “rispetto della magistratura”, né “del principio costituzionale della presunzione d’innocenza dell’imputato, fino a sentenza definitiva”. Manganeli ha voluto così chiudere, o forse aprire, oggi una nuova strada, fatta di dialogo e trasparenza. Perché da quella notte di sangue, nessuno, né nel mondo politico né nel mondo delle forze dell’ordine aveva più parlato di quei fatti. Quelle violenze erano state come rimosse. E dopo essersi scusato, Manganelli si prende anche un impegno, quello di “assicurare al Paese democrazia, serenità e trasparenza dell’operato delle forze dell’ordine, garantendo il principio del quieto vivere dei cittadini”.

La decisione di ieri è arrivata dopo nove ore di camera di consiglio. Con la condanna definitiva, per i vertici di polizia coinvolti nei pestaggi èáscattata l’immediatata interdizione dai pubblici uffici per 5 anni. La corte ha prescritto invece i reati di lesioni gravi contestati a nove agenti appartenenti al settimo nucleo speciale della Mobile all’epoca dei fatti. Erano una sorta di capisquadra del gruppo, sciolto poi in seguito a quella notte. L’interdizione apre ora un problema: di fatto la sentenza ‘decapita’ i vertici investigativi italiani. Il ministro dell’Interno, Annamaria Cancellieri, ieri ha detto “è giusto che i responsabili subiscano le conseguenze”. Il 13 luglio prossimo i fatti di Genova torneranno nuovamente in Cassazione. La corte suprema dovrà decidere se confermare o no le condanne per dieci militanti accusati di saccheggio e devastazione.

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