Roma, 18 set. (LaPresse) – Raffaele Sollecito subì pressioni perché lasciasse cadere la colpa su Amanda Knox per il delitto di Meredith Kercher. E’ lui stesso a raccontarlo nel libro ‘Honor Bound’, che sta per uscire negli Usa, i cui contenuti sono anticipati da Oggi in edicola domattina. “Nel libro – racconta Oggi – Sollecito parla di una trattativa sollecitata da un avvocato vicino alla pubblica accusa per convincerlo a dire di non sapere cosa Amanda avesse fatto quella sera. Sarebbe bastato quello, ammettendo la sola copertura offerta ad Amanda, per uscire presto di galera, lasciando nei guai l’americana”. Ma sollecito accusa anche la propria famiglia, parlando di “martellamento sulle palle” da parte loro, specialmente della sorella Vanessa, perché si decidesse a dare la colpa a lei. “Mi accusavano – scrive nel libro – di aver perso la testa per Amanda, e le danze continuavano, fin quando non eravamo tutti furiosi e sfiniti”.
Un giorno Raffaele prende carta e penna e scrive alla zia Magda, con preghiera di inoltrare al resto della famiglia: “Non ho più la forza – scrive – di sopportare il vostro desiderio di incolpare Amanda di cose di cui non è responsabile e che non merita”.
Sollecito parla anche delle violenze che avrebbero subito lui e Amanda dalla polizia: “Dopo quattro anni”, scrive, “magari non ricordo perfettamente l’ordine delle domande e delle risposte, e la polizia, che registrava assolutamente tutto quello riguardava me e Amanda, sostiene di non aver registrato proprio gli interrogatori di quella notte. Quello che ricordo bene è il modo, il tono, di quell’interrogatorio, perché mi spaventò a morte, ed ebbe un impatto catastrofico”. Sostiene di aver sentito “i poliziotti urlare addosso ad Amanda” e i “pianti e i singhiozzi” della ragazza. “Pensavo che la polizia fosse fatta di onesti difensori della pubblica sicurezza”, scrive, “ma questi mi sembrava che si comportassero più come dei banditi”. “Se provi ad alzarti e andartene, ti pesto a sangue e ti ammazzo. Ti lascio in una pozza di sangue”, gli avrebbe detto un agente, secondo quanto lui racconta nel libro. “Poi mi si gelarono le ossa”, continua Sollecito, “quando sentii i lamenti di Amanda dall’altra stanza. Urlava in italiano, ‘Aiuto, aiuto'”.
Nel libro Sollecito racconta anche la sua prima sera con Amanda, quando la invitò a casa per vedere un film: arrivati a casa Raffaele inserì il dvd nel lettore, ma, scrive, “appena mi sistemai vicino a lei il film era già bello e dimenticato. Non erano ancora finiti i titoli di apertura che già ci eravamo levati i vestiti l’uno dell’altra. La mattina dopo mi svegliai con Amanda ancora abbracciata a me”. Poi, per la prima volta racconta anche il suo incontro del marzo scorso con lei, avvenuto a casa della mamma di Amanda e di suo marito Chris. Amanda lo raggiunse, insieme all’attuale fidanzato, il quale, scrive Raffaele, “ebbe lagentilezza di lasciarci un po’ soli”.
Il giorno dopo ci fu una festa per celebrare la libertà dei due. Alla fine, scrive Raffaele, “mi ha dato un grande abbraccio, del tipo che ci si può dare tra grandi amici o tra fratello e sorella, quelli che condividono uno speciale, indistruttibile legame”.
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