Roma, 22 ott. (LaPresse) – L’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia, in una nota firmata dal presidente Stefano Gresta, esprime “tutto il suo rammarico e la sua preoccupazione per la sentenza di primo grado del processo a L’Aquila”, che condanna i componenti della commissione grandi rischi, il vice capo dipartimento della protezione civile, il direttore dell’ufficio rischio sismico della protezione civile e il direttore pro-tempore del centro nazionale terremoti dell’Ingv. “Il nostro pensiero – prosegue l’istituto – va ancora una volta alle vittime del terremoto e ai loro parenti: sappiamo che nessuna sentenza potrà mai ricompensare gli affetti perduti”. L’Ingv, però, sottolinea che “la sentenza costituisce un precedente, in grado di condizionare in modo determinante il rapporto tra esperti scientifici e decisori, non solo nel nostro Paese”. Secondo l’istituto la sentenza di condanna rischia di “compromettere il diritto/dovere degli scienziati di partecipare al dialogo pubblico tramite la comunicazione dei risultati delle proprie ricerche al di fuori delle sedi scientifiche, nel timore di subire una condanna penale”. Della stessa idea anche Filippo Dinacci, legale dell’ex vice capo della protezione civile Bernardo De Bernardinis, che spiega che la condanna avrà “gravi ripercussioni” sulla pubblica amministrazione, perché nessuno avrà più il coraggio di agire.

L’Ingv spiega che “secondo quanto affermato dalla letteratura scientifica internazionale, allo stato attuale è impossibile prevedere in maniera deterministica un terremoto”, per questo è “inutile” chiedere all’istituto di indicare con precisione come, dove e quando colpirà il prossimo terremoto ed è “dannoso perché alimenta in modo ingiustificato le aspettative delle popolazioni interessate da una eventuale sequenza sismica in atto”.

“Da oggi – segnala l’Ingv – sarà molto difficile comparire in pubblico a parlare dell’attività sismica in atto in Italia, con la possibilità che i ricercatori possano essere denunciati per qualche omissione o per procurato allarme. Siamo particolarmente colpiti dalla sentenza de L’Aquila, perché rischia di minare uno dei cardini della ricerca scientifica: quello della libertà d’indagine, di discussione aperta e trasparente e di condivisione dei risultati, fattori imprescindibili del progresso scientifico. Condannare la scienza significa lasciare il campo libero a predicatori che millantano di sapere prevedere i terremoti, rinunciando di fatto al contributo di autorevoli scienziati. Sebbene sia un colpo molto duro, l’Ingv continuerà il suo lavoro di ricerca con il massimo impegno e rafforzerà la sua presenza nella società per un’opera di corretta informazione ed educazione”.

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