Torino, 14 feb. (LaPresse) – A un anno e un giorno dalla storica sentenza di primo grado, si è aperto questa mattina al tribunale di Torino il processo d’appello contro i vertici dell’Eternit, multinazionale dell’amianto. Per l’occasione sono arrivati in città oltre 500 persone tra parenti delle vittime della sostanza killer, ex lavoratori e cittadini delle realtà più colpite, prima fra tutte Casale Monferrato, nell’alessandrino. Dieci i pullman giunti a Torino, sette dei quali da Casale, che trasportavano tra le altre anche delegazioni da Belgio e Francia.

Il verdetto emesso lo scorso anno dalla Corte d’Assise torinese aveva decretato una condanna a 16 anni di reclusione per gli ex amministratori delegati Louis de Cartier de Marchienne, belga ultranovantenne, e Stephan Schmidheiny, svizzero, 66 anni. I due, che oggi come durante tutte le udienze del processo di primo grado non erano presenti in aula, erano stati riconosciuti colpevoli di omissione dolosa di misure anti infortunistiche e disastro doloso permanente. Contro la condanna, che prevedeva anche un maxi risarcimento per 6.400 parti civili, le difese hanno chiesto una revisione completa. I fatti riguardavano l’attività della Eternit negli stabilimenti di Casale Monferrato (Alessandria), Cavagnolo (Torino), Rubiera (Reggio Emilia) e Bagnoli (Napoli), anche se in questi ultimi due casi il reato risultava prescritto.

Nelle città la lavorazione dell’amianto ha provocato oltre duemila vittime accertate, tra lavoratori e non, e continua inesorabile a mietere morte. La peggiore malattia asbesto correlata, il mesotelioma, ha infatti una latenza molto lunga e il picco annuale dei decessi nella città di Casale, la più colpita dalla tragedia, non è ancora stato raggiunto. La battaglia processuale era iniziata il 6 aprile 2009, con l’udienza preliminare, ed è poi proseguita con l’apertura del processo di primo grado, il 10 dicembre dello stesso anno.

Prima dell’inizio dell’udienza, all’estero nel PalaGiustizia si è tenuto un presidio, organizzato dall’Afeva (Associazione familiari e vittime dell’amianto) e dai sindacati Cgil, Cisl e Uil. “Stiamo dimostrando che la democrazia non può essere una scatola vuota, che la democrazia è partecipazione. Ecco perché, ancora numerosi, siamo qui a dare la nostra partecipazione in occasione della prima udienza del processo d’appello”, ha affermato davanti alla folla Bruno Pesce, coordinatore di Vertenza amianto e storico leader della lotta di Casale Monferrato. Parole di speranza per il nuovo processo anche da parte di Romana Blasotti Pavesi, presidente dell’Afeva. “Vorrei tanto alzarmi un giorno e pensare che sia tutto finito. Ma – ha spiegato – dobbiamo andare avanti. Sono fiduciosa nel lavoro fatto finora, dai pm Raffaele Guariniello, Gianfranco Colace e Sara Panelli, così come nel lavoro degli avvocati”.

Il processo d’appello che si è aperto oggi a Torino non è l’unico fronte giudiziario su cui si sta svolgendo la vicenda Eternit. Come spiega ancora Bruno Pesce, si potrebbe aprire presto anche un processo ‘bis’, relativo ai decessi registrati dopo la chiusura delle indagini del procedimento in corso. Nel nuovo caso, per cui spiega Pesce, le indagini sembrano “in fase molto avanzata”, il reato contestato potrebbe addirittura essere omicidio volontario con dolo eventuale. Le indagini stanno inoltre proseguendo anche per un processo ‘ter’ che ci concentrerebbe sugli italiani trasferitisi all’estero per lavorare in impianti Eternit e poi ammalatisi una volta rientrati in Italia.

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