Di Denise Faticante
Roma, 28 apr. (LaPresse) – Passo fermo, sguardo dritto e mano in tasca. Luigi Preiti, l’uomo che oggi ha fatto piombare Roma e l’Italia nell’incubo viene immortalato così dalle telecamere di Montecitorio. Il suo lucido piano lo aveva ideato da almeno venti giorni: partire da Rosarno, dove era tornato dopo il fallimento del suo lavoro e del suo matrimonio, e arrivare a nella capitale per fare “un gesto eclatante” in una “giornata particolare”. E ha raggiunto il suo obiettivo. Alle 11.43, dopo essere arrivato in città in treno e aver dormito all’hotel Concordia, ha fatto fuoco. Ha sparato verso quei due carabinieri che si erano frapposti, per motivi di sicurezza, tra piazza Montecitorio e piazza Colonna, sulla quale si affaccia la sede del governo nella quale poco dopo ci sarebbe stato il primo Consiglio dei ministri del governo di Enrico Letta. Sei o sette colpi a raffica, senza sosta, sono sembrati a chi era nella piazza dei petardi. Un suono lieve e sordo. Poi le urla, troppe per capire cosa fosse successo.
Ma il militare a terra, insanguinato, dà immediatamente l’idea che per la prima volta nella storia della repubblica italiana si arriva a sparare davanti ai palazzi del potere. Giuseppe Giangrande, 50 anni, brigadiere, è a terra, colpito al collo. Francesco Negri, poco distante, anche lui colpito, ma alla gamba. Si capisce che si tratta di carabinieri dalla banda rossa dei pantaloni. Poi come fosse una scena di guerriglia, pochi metri distanti dai feriti, lo sparatore viene atterrato e fermato. Scatta immediato il piano della sicurezza. La zona viene sgomberata e chiusa, arrivano prima tre, poi cinque ambulanze. Sembra di stare sul luogo di un attentato. “Ammazzate anche me”, dice ai poliziotti e ai carabinieri che lo stanno bloccando e ammanettando. Intanto la piazza continua a urlare. Urlano le forze dell’ordine che sgomberano la piazza, urlano i turisti terrorizzati e increduli. Urlano i fotografi e i giornalisti.
Le frasi che più ricorrono sono: “Il ferito è in giacca”, come se il vestito buono avesse tratto in inganno chi sorveglia le piazze. Pochi minuti e la scena è chiara. Dalla piazza le notizie arrivano dalle bocche più disparate. Uomini in divisa che danno le prime informazioni. “E’ un pazzo, è un folle”, è la frase che si sente immediatamente. Poi tutti i feriti, compreso lo sparatore e una donna incinta rimasta coinvolta mentre passeggiava con la famiglia, vengono portati via dalle ambulanze.
Intanto i riti del giuramento al Quirinale e il passaggio di consegne tra i premier va avanti. Nel pomeriggio Preiti consegna la sua disperazione ai magistrati che lo interrogano all’ospedale San Giovanni. Dice di essere “disperato” ma senza “un odio particolare”, solo con l’intenzione di compiere un gesto forte in una giornata importante. Le accuse che gli sono state contestate sono tentato omicidio e detenzione abusiva di arma da fuoco. Un uomo che non lascia spazio all’emozione, ma pur sempre solo. In un passaggio dell’interrogatorio dice: “A nessuno importa nulla di me”.
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