Lampedusa (Agrigento), 8 lug. (LaPresse)- Costretti a restare in Italia e, dopo un breve periodo di assistenza, lasciati a se stessi, senza lavoro e senza alloggio dove risiedere. Questo il racconto del giovane immigrato al papa, sul molo del porto di Lampedusa, che ha parlato a Francesco a nome dei migranti giunti nel nostro Paese dopo le disperate traversate del Mediterraneo. Il giovane, di nazionalità eritrea, con l’ausilio di un traduttore, ha insistito nel comunicare al pontefice la non facile realtà dei migranti anche una volta giunti vivi sulle coste italiane. Il giovane africano ha, in sostanza, chiesto aiuto al papa perchè molti migranti, ha detto, a causa dell’obbligo di lasciare le impronte digitali e per l’indifferenza europea sono costretti a restare in Italia anche se questo non è il paese ultimo di approdo del loro viaggio della speranza. Una permanenza che, il più delle volte, si rivela priva di sbocchi occupazionali e di inserimento sociale. “Siamo fuggiti dal nostro Paese per due motivi: – ha detto il ragazzo – politico ed economico e per arrivare in questo luogo tranquillo abbiamo superato numerosi ostacoli. Siamo stati rapiti da molti trafficanti, per arrivare qui abbiamo sofferto moltissimo”.
L’immigrato ha anche consegnato una lettera al Santo Padre. Il giovane, visibilmente emozionato, ha chiesto aiuto al Papa spiegando di essere “costretto a restare in Italia perché abbiamo lasciato le nostre impronte digitali e quindi non possiamo andare via. Chiediamo agli altri Paesi europei di aiutarci”. Papa Francesco ha ascoltato con attenzione le parole del giovane e gli ha stretto la mano. “Una descrizione sintetica ma estremamente efficace di tutti questi viaggi, – ha commentato padre Federico Lombardi – che ha colpito moltissimo il Papa, che infatti durante l’omelia ha reagito con prontezza” e questo anche se “il Papa già conosceva bene la realtà che il ragazzo raccontava”.
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