Roma, 15 lug. (LaPresse) – Sono ore e giorni di vera fibrillazione negli uffici della polizia italiana. Mentre il capo, Alessandro Pansa, sta predisponendo una relazione sulla mancata informativa al governo, da presentare al ministro dell’Interno Angelino Alfano, il caso dell’espulsione di Alma Shalabayeva, moglie del dissidente Mukhtar Ablyazov, fuggito dal Kazakistan nel 2009 perché oppositore del presidente Nursultan Nazarbayes, la questione rischia di diventare il caso politico dell’anno. La relazione che verrà consegnata domani servirà a far luce e a ricostruire tutta la vicenda: dal blitz nella notte tra il 28 e il 29 maggio scorso in una villetta di Casal Palocco, alle porte di Roma, fino a oggi.

Bocche cucite dalla questura di Roma che ha operato il blitz con 50 uomini: per loro nelle prossime ore parlerà Pansa. Intanto giorno dopo giorno si delineano le dinamiche di quelle giornate.

LA RICOSTRUZIONE. Tra il 28 e il 29 maggio scorso Alma Shalabayeva, viene identificata e portata al Cie (centro di identificazione ed espulsione) di Ponte Galeria, a Roma. In casa, con lei la figlia, che viene affidata dal tribunale a una parente in Italia. Gli agenti cercano il marito oggetto di un mandato di cattura internazionale e di un processo nell’Alta Corte di Londra. Un fax dell’Interpol avvisa la questura che sull’uomo, ricercato e latitante, pende una mandato di cattura per truffa. La donna presenta agli agenti un passaporto della Repubblica Centrafricana, che loro sospettano essere falso. Per questo, secondo la questura, in assenza di un valido titolo di soggiorno, la donna è quindi immediatamente trasferita nel Centro di identificazione ed esplulsione sulla base di un decreto prefettizio di espulsione.

Il 30 maggio, infatti, il prefetto Giuseppe Pecoraro firma un decreto di espulsione affermando che Shalabayeva sia entrata illegalmente in Italia.

Il 31 maggio madre e figlia – che nel frattempo è stata riaffidata alla donna previo suo consenso – sono imbarcate su un aereo noleggiato dal governo kazako e su cui era presente almeno un diplomatico kazako.

Il 5 luglio il tribunale di Roma stabilisce che il presupposto con cui era stata giustificata l’espulsione – cioè un passaporto diplomatico della Repubblica Centrafricana in possesso della donna e considerato falso – non sussisteva.

LA VERSIONE DELLA DONNA. In un memoriale rilasciato dagli avvocati di Alma al Financial Times, la donna racconta quella notte parlando di circa 50 agenti di polizia che hanno fatto irruzione nella villetta: “Mi hanno svegliata nel cuore della notte. Mi dicevano ‘puttana russa’, ho temuto di morire”. Accuse respinte dalla questura di Roma che affida a un comunicato la sua versione: “In relazione alle dichiarazioni rese agli organi di informazione da Alma Shalabayeva – si legge in una nota – si smentisce che la stessa abbia subito alcun tipo di maltrattamento nel corso dell’operazione di polizia giudiziaria, effettuata all’alba del 29 maggio e di cui è stato dato puntuale riferimento all’autorità giudiziaria competente”.

CHI E’ ABLYAZOV. Il dissidente è un imprenditore, banchiere e politico kazako. Ministro dell’Energia nel 1998, in un Paese posto su un tesoro di gas naturale e petrolio, Ablyazov iniziò a opporsi al presidente-dittatore Nursultan Nazarbayev nei primi anni 2000, fondando il movimento politico Scelta Democratica del Kazakistan. Nel 2002 venne dichiarato colpevole di abuso di potere commesso durante il suo mandato di ministro e venne condannato a sei anni di prigione. Alla fine Ablyazov venne rilasciato dopo dieci mesi di prigione, a condizione di lasciare il Paese.

Andò a Mosca, dove lavorò nella Bta Bank. Sfuggito ad alcuni tentativi di omicidio e ad una nuova accusa di aver sottratto 4,6 milioni di euro dalla Bta, nel 2009 Ablyazov si trasferì a Londra, e nel 2011 ottenne dal governo britannico lo status di rifugiato politico. Da alcuni mesi, però, non si sa dove si trovi. Parla solo attraverso i suoi legali.

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