Di Denise Faticante

Roma, 10 set. (LaPresse) – Tra gli ultimi, come ci ha insegnato. Papa Bergoglio alle 15,30 è entrato nel Centro Astalli, il luogo, retto dai gesuiti, che dà sostengno e cibo ai rifugiati a Roma. Il pontefice alle 15,30 ha varcato la soglia della mensa per incontrare personalmente i richiedenti asilo (in arrivo anche dalla Siria), che quotidianamente fanno la fila per ricevere un pasto caldo. Si è fermato a salutarli, prima fuori e poi una volta all’interno ha salutato anche i volontari e operatori che preparano il cibo per loro e lo servono, poi ha voluto sostare in preghiera nella cappellina del Centro. Poco prima delle 16 il Pontefice ha fatto il suo ingresso nella Chiesa del Gesù, dove lo attendevano circa 400 rifugiati con le loro famiglie. Tutti in prima fila, vestiti a festa o appena usciti dal lavoro, con passeggini e neonati, emozionati come chi incontra una persona speciale. Perché il clima che si respirava era proprio quello di una festa tutta per loro. Ma anche oggi Bergoglio ha messo in atto un fuori programma arrivando con la berlina Ford Focus blu senza scorta. Accanto al posto di guida, come sua personale ‘scorta’, solo il capo della Gendarmeria vaticana, Domenico Giani. Ma non solo: il Papa ha chiesto che con lui non ci fosse neanche il seguito: così niente vescovi e monsignori a fargli corona e nemmeno i segretari, il medico personale e altre personalità.

DIFENDETE LA DIGNITA’. “Grazie perché difendete la vostra dignità ma anche la nostra dignità umana”. Questo uno dei passi del discorso, durato circa venti minuti, pronunciato da Papa Francesco. “Non basta dare un panino, ma bisogna accompagnare queste persone”, ha aggiunto il Pontefice. Solidarietà è una “parola che fa paura per il mondo più sviluppato. Cercano di non dirla. È quasi una parolaccia per loro”. Ma solidarietà, ha aggiunto, “è la nostra parola! Servire significa riconoscere e accogliere le domande di giustizia, di speranza, e cercare insieme delle strade, dei percorsi concreti di liberazione. Non basta dare un panino, ma bisogna accompagnare queste persone”, ha aggiunto Bergoglio.

CONVENTI CHIUSI. Il Papa ha anche detto che i “conventi vuoti non servono alla Chiesa per trasformarli in alberghi e guadagnare i soldi”. E poi ha lanciato la sua proposta. “I conventi chiusi? Dovrebbero servire per la carne di Cristo e i rifugiati sono la carne di Cristo”. Agli operatori del centro Astalli, Francesco ha detto che bisogna “mostrare che con l’accoglienza e la fraternità si può aprire una finestra sul futuro, più che una finestra, una porta, e più si può avere ancora un futuro”. “Ed è bello – ha aggiunto Bergoglio – che a lavorare per i rifugiati, insieme con i gesuiti, siano uomini e donne cristiani e anche non credenti o di altre religioni, uniti nel nome del bene comune”.

SERVONO COMUNITA’ SOLIDALI. “Superare – ha continuato il Pontefice – la tentazione della mondanità spirituale per essere vicini alle persone semplici e soprattutto agli ultimi. Abbiamo bisogno di comunità solidali che vivano l’amore in modo concreto! Ogni giorno, qui e in altri centri, tante persone, in prevalenza giovani, si mettono in fila per un pasto caldo. Queste persone ci ricordano sofferenze e drammi dell’umanità. Ma quella fila ci dice anche che fare qualcosa, adesso, tutti, è possibile. Basta bussare alla porta, e provare a dire: ‘Io ci sono. Come posso dare una mano?'”.

“L’INTEGRAZIONE E’ UN DIRITTO”. “La misericordia vera – ha sottolineato il Papa – quella che Dio ci dona e ci insegna, chiede la giustizia, chiede che il povero trovi la strada per non essere più tale. Chiede, e lo chiede a noi Chiesa, a noi città di Roma, alle istituzioni, chiede che nessuno debba più avere bisogno di una mensa, di un alloggio di fortuna, di un servizio di assistenza legale per vedere riconosciuto il proprio diritto a vivere e a lavorare, a essere pienamente persona”. Adam ha detto – ha continuato riferendosi a uno dei rifugiati che aveva avuto modo di incontrare -: ‘Noi rifugiati abbiamo il dovere di fare del nostro meglio per essere integrati in Italia’. E questo è un diritto: l’integrazione! E Carol ha detto: ‘I siriani in Europa sentono la grande responsabilità di non essere un peso, vogliamo sentirci parte attiva di una nuova società’. Anche questo è un diritto! Ecco, questa responsabilità è la base etica, è la forza per costruire insieme. Mi domando: noi accompagniamo questo cammino?”.

“SOLIDARIETA’ SEMBRA UNA PAROLACCIA NEL MONDO SVILUPPATO”. “Solidarietà – ha proseguito il Pontefice – questa parola che fa paura per il mondo più sviluppato. Cercano di non dirla. E’ quasi una parolaccia per loro. Ma è la nostra parola! Servire significa riconoscere e accogliere le domande di giustizia, di speranza, e cercare insieme delle strade, dei percorsi concreti di liberazione”. “I poveri – ha continuato – sono anche maestri privilegiati della nostra conoscenza di Dio; la loro fragilità e semplicità smascherano i nostri egoismi, le nostre false sicurezze, le nostre pretese di autosufficienza e ci guidano all’esperienza della vicinanza e della tenerezza di Dio, a ricevere nella nostra vita il suo amore, la sua misericordia di Padre che, con discrezione e paziente fiducia, si prende cura di noi, di tutti noi”. Ha poi lasciato il centro Astalli uscendo da piazza del Gesù dove lo attendeva una folla che lo ha acclamato. Lui è salito sulla sua berlina abbassando il finestrino e continuando a salutare la gente mentre l’auto rientrava in Vaticano.

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