Dal nostro inviato Fabio De Ponte
Herat (Afghanistan), 16 feb. (LaPresse) – “Lavoro qui da cinque anni ma in città sono andato una volta sola, nel 2009”. Terash ha 26 anni e lavora nella base Camp Arena di Herat. E’ nepalese e non esce mai da questa struttura comandata dagli italiani, racconta dal bancone della pizzeria, mentre prepara tre caffè e raccoglie una nuova ordinazione.
Siamo nella pizzeria di Ciano, una azienda pugliese che ha aperto locali di ristorazione in 20 Paesi al seguito dei militari.
Ci lavorano dentro anche un 23enne indiano e un 19enne afgano. Taresh è quello che parla meglio l’italiano. Oltre al nepalese, parla anche inglese e spagnolo e mastica un po’ di afgano. Con il collega indiano parla hindi. La pizzeria è già aperta alle sette del mattino per la colazione. E’ lui ad aprirla. A mezzogiorno, spiega, fa due ore di pausa. Poi lavora ancora fino all’ora di chiusura, le 22.45. Lavora tutti i giorni della settimana, niente riposi. Guadagna circa 600 euro al mese. Due volte all’anno ha un mese di stop e lo passa con la famiglia, in Nepal, che naturalmente vive del suo stipendio. Non ha figli, non è fidanzato. Ha messo da parte qualche risparmio. “Il mio sogno? Tornare in Nepal quando chiuderà la base e sposarmi. Mi piacerebbe aprire una pizzeria ma costa troppo. Non ho abbastanza soldi”.
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