Dal nostro inviato Fabio De Ponte

Herat (Afghanistan), 16 feb. (LaPresse) – Si prepara a lasciare l’Afghanistan alla fine di quest’anno l’Italia. La missione Isaf (la forza multinazionale costituita su mandato del Consiglio di sicurezza Onu nel 2001 e comandata dalla Nato dal 2003) finirà col 2014.

RIMASTI 2.300 MILITARI ITALIANI. Anche l’Italia, che dal 2005 è alla guida del comando regionale occidentale (un’area grande come il Nord della nostra penisola), sta ritirando uomini e mezzi. Erano oltre 4mila i militari presenti nel 2012. Già un migliaio è rientrato nel corso del 2013, ne restano ancora 2.300. A fine anno dovrebbero essere non più di 800.

SEI COMANDI REGIONALI. Sono sei in tutto i comandi regionali: oltre a quello occidentale, quello Nord a guida tedesca, quelli Sud, Sudovest ed Est, controllati dagli Usa, e quello di Kabul, guidato dalla Turchia. Ciascuno disponeva di basi principali e di basi operative avanzate (Fob).

TUTTE CHIUSE LE FOB ITALIANE. Nel comando occidentale, oltre alla base Camp Arena, c’erano sette fob, già tutte chiuse. Le ultime tre sono state Farah, Bala Baluk e Shindand, le prime due consegnate agli afgani, che le utilizzano per le proprie forze di sicurezza, e l’ultima usata ancora residualmente come base aeroportuale dagli statunitensi.

CONTROLLO TERRITORIO HERAT GIA’ PASSATO ALLE FORZE AFGANE. L’obiettivo ora è proprio quello di consegnare il territorio alle forze di sicurezza afgane. Nell’area italiana questo in pratica è già avvenuto. Se ancora un anno fa la metà dei pattugliamenti era compiuto dagli italiani, oggi a farli sono quasi esclusivamente le forze locali.

LE FASI DEL RITIRO. A livello nazionale la cessione di sovranità sta avvenendo per fasi. La prima è iniziata nel marzo 2011. A novembre dello stesso anno la seconda, con il passaggio alle forze di sicurezza locali di ulteriori distretti e città, tra cui il territorio di Herat. A maggio 2012 la terza: il 75% della popolazione afghana passò sotto l’ombrello protettivo delle forze di sicurezza afgane. A dicembre 2012 il quarto: 23 province su 34 già passate di mano. La quinta e ultima fase è quella attuale: la riconsegna delle aree del Sud ed Est del Paese, sotto il comando americano, dove gli insorti sono sempre rimasti più forti.

I COMANDI MILITARI DIVENTANO “DI CONSULENZA”. Gli stessi comandi regionali, per questi ultimi dieci mesi, cambieranno nome: si chiameranno “Training, Assistance and Advise Command” (Taac), vale a dire “comando di addestramento, assistenza e consulenza”. Il loro compito principale sarà infatti quello di accompagnare le forze afgane verso l’autonomia completa.

IL BRACCIO DI FERRO TRA USA E KARZAI PER IL DOPO 2014. L’idea però è quella di restare nel Paese anche dopo la fine del 2014, con una nuova missione di 10-12mila uomini, sempre con funzioni di addestramento. L’attuale presidente afgano Hamid Karzai è contrario e ha ingaggiato un braccio di ferro con Washington, rifiutando di firmare l’accordo che consentirebbe la permanenza dei militari stranieri. Il 5 aprile però ci saranno le elezioni e il nuovo presidente potrebbe decidere diversamente.

LE FORZE AFGANE: IN CAMPO 350MILA UOMINI. Attualmente, su una popolazione di meno di 30 milioni di abitanti, l’Afghanistan dispone di 350mila uomini, 30mila dei quali nella regione ovest. L’esercito conta 185mila unità, 11mila appartenenti alle forze speciali. La polizia ha 152mila uomini (compresa la stradale, quella di frontiera e quella con funzioni dei vigili del fuoco). L’aviazione dispone di 6.600 unità. A Shindand l’aviazione militare italiana ha 35 addestratori che offrono loro formazione. Altri 24mila agenti fanno parte della polizia locale, che presidia i villaggi. Poi c’è ancora la “public protection force”, che si occupa di proteggere le presenze internazionali. Ha 16mila agenti, che dovrebbero aumentare a 19mila.

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