Roma, 20 apr. (LaPresse) – Nonostante il calo dei consumi l’alimento più rappresentativo della tradizione pasquale resta la carne d’agnello, servita sulla tavola di quattro italiani su dieci (41 per cento) nelle classiche ricette al forno, arrosto con le patate, al sugo o brodettato, anche se non sono mancati menù vegetariani. E’ quanto emerge dall’indagine Coldiretti-Ixè sul rispetto delle tradizioni sulla tavola della Pasqua 2014, con la stragrande maggioranza, il 79 per cento degli italiani, che ha optato per il pranzo casalingo a casa propria o in quella di parenti e amici, senza allontanarsi dalla propria città. Il risultato è che quest’anno la spesa complessiva delle famiglie italiane per il menù di Pasqua è scesa, stima Coldiretti, sotto il miliardo di euro, anche per la stagnazione dei prezzi di vendita rispetto allo scorso anno provocata dalla crisi.
UN CHILO DI AGNELLO ALL’ANNO. Nel periodo pasquale, calcola Coldiretti, si acquista la maggior parte del chilo circa di carne di agnello che in media è consumato in un anno da ogni italiano, con la salvaguardia di questa tradizione nonostante negli ultimi dieci anni in Italia sia scomparso quasi un gregge di pecore su tre. Ben il 10 per cento di chi ha acquistato la carne di agnello si è rivolto direttamente all’allevatore, il 28 per cento si è assicurato comunque di portare in tavola un prodotto italiano, mentre solo il 4 per cento non ha guardato all’origine nazionale. “La mancanza dell’obbligo di indicare in etichetta la provenienza, fortemente richiesto da Coldiretti – dice la federazione degli agricoltori -, favorisce comportamenti scorretti, come dimostra il consistente flusso delle importazioni dall’estero”. “Le festività pasquali rappresentano”, però, “l’occasione per recuperare i piatti storici della transumanza (in Abruzzo agnello cacio e ova, il molisano agnello sotto il coppo, nel Lazio l’abbacchio alla scottadito) con l’effetto di consentire la sopravvivenza di un mestiere antico, ricco di tradizione, che consente la salvaguardia di razze in via di estinzione a vantaggio della biodiversità del territorio”.
Per quanto riguarda i prezzi, quelli riconosciuti agli allevatori italiani si sono mantenuti sugli stessi livelli del periodo pasquale dello scorso anno, in media sui 4,5 euro al chilo per un agnello di 14/16 chili. Al consumo i listini delle carni ovine e caprine a marzo sono addirittura scesi dello 0,3 per cento su base congiunturale e i prezzi si sono aggirati, nella media nazionale, tra i 10 e i 15 euro al chilo.
AUMENTA IL CONSUMO DI UOVA. Più gettonate del solito sono state quest’anno, sottolinea Coldiretti, le economiche uova utilizzate nei diversi piatti tipici regionali che da Nord a Sud attraversano l’intero Paese, come per esempio gli gnocchi filanti in Piemonte, la minestra di brodo di gallina e uovo sodo e le pappardelle al ragù di coniglio in Toscana, ma anche la corallina, salame tipico accompagnato dalla pizza al formaggio mangiata a colazione in tutto il Lazio. Se in Romagna sono di rigore i passatelli, in Molise è l’insalata buona Pasqua con fagiolini, uova sode e pomodori. In Puglia, continua Coldiretti, il principe della tavola pasquale è il Cutturiddu, agnello cotto nel brodo con le erbe tipiche delle Murge, in Veneto onnipresenti su tutte le tavole della festa pasquale sono le tipiche vovi e sparasi, uova sode, decorate con erbe di campo, e in Trentino le polpettine pasquali con macinato di agnello. E tra i dolci al primo posto l’immancabile pastiera napoletana, che batte la colomba, mentre seguono da vicino la pizza di Pasqua e la treccia pasquale.
“Si tratta – spiega l’organizzazione argicola – di dolci caratterizzati spesso da sapori forti che hanno le uova tra gli ingredienti principali, come la scarcedda lucana che è un dolce ripieno di uova sode o la torta pasqualina della Liguria che è un rustico ripieno di verdura, uova e parmigiano. In Friuli Venezia Giulia è il tempo delle titole, piccole treccine dolci che avvolgono un uovo colorato di rosso, mentre in Campania spopola la pastiera, un capolavoro napoletano con ricotta, germe di grano e buccia d’arancio”. “E ancora in Calabria – continua Coldiretti – si prepara la cuzzupa, una pagnotta dolce la cui dimensione cresce con l’età del membro familiare, ma anche pitte con niepita, che sono dolci a forma di mezzaluna da mangiare sia caldi che freddi”.
RIPRESA DEL TURISMO PASQUALE. Sapori diversi da quelli delle proprie tradizioni, calcola Coldiretti, hanno scelto invece di gustaregli oltre 4,1 milioni di italiani in vacanza in Italia e all’estero nella Pasqua 2014, che fa segnare una ripresa del turismo, con un aumento stimato pari al 5 per cento rispetto allo scorso anno. Tra questi, sono 2,6 milioni quelli che hanno scelto di restare all’interno dei confini nazionali, che prevalgono sul milione e mezzo di italiani che hanno invece preferito mete all’estero. Particolarmente gettonati gli agriturismi dove, secondo Terranostra-Coldiretti, sono circa 250mila gli ospiti a tavola il giorno di Pasqua.
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