Ragusa, 9 giu. (LaPresse) – “I libici ci picchiavano gratuitamente o solo perché qualcuno di noi preso dalla fame e dalla sete chiedeva loro una quantità più consistente di cibo e acqua rispetto a quell’esigua, costituita solo da pane, formaggini e acqua dal sapore salmastro, che ci venivano distribuiti una sola volta al giorno”. E’ la testimonianza raccolta dalla polizia di uno dei 321 migranti eritrei sbarcati ieri a Pozzallo (Ragusa). “I servizi igienici – ha proseguito – erano insufficienti rispetto ai fabbisogni di tutti gli occupanti del capannone. I libici erano armati di pistole e fucili mitragliatori, armi queste di cui avrebbero fatto uso nel caso in cui qualcuno di noi si fosse fatto sentire in maniera più forte rispetto alle deboli richieste di cui ho già riferito”.

“Nelle ore notturne – ha aggiunto il migrante – udivo dei colpi ravvicinati di armi da fuoco e ho sempre pensato che a sparare erano i soggetti che ci vigilavano, forse solo per divertimento o per passare il tempo. Prima della partenza i libici hanno ricevuto da noi le somme pattuite per il viaggio e personalmente ho pagato 1750 dollari”.

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