Palermo, 10 nov. (LaPresse) – Beni per dieci milioni di euro sono stati confiscati dai carabinieri del Ros e del comando provinciale di Catania nei confronti dell’imprenditore Francesco Pesce. L’uomo era stato arrestato nel novembre 2010 nell’ambito dell’inchiesta ‘Iblis’ e condannato in primo grado a 12 anni per i suoi legami con la famiglia mafiosa Santapaola-Ercolano. La confisca è stata decisa dalla sezione Misure di prevenzione del tribunale di Catania, su richiesta della procura distrettuale antimafia etnea. Secondo i carabinieri Pesce sarebbe “legato in maniera simbiotica” alla mafia etnea: “aveva uno stretto e fidato rapporto con Vincenzo Aiello”, già rappresentante provinciale di Cosa nostra, “con cui si incontrava in riunioni riservate – spiegano gli investigatori – per discutere di affari”. Tra i beni confiscati due imprese, due quote societarie e 26 immobili.
Dall’indagine dei Ros emergono i legami tra l’imprenditore e i clan: Pesce “metteva a disposizione” delle famiglie mafiose la sua attività di imprenditore, “partecipando alla distribuzione di lavori controllati direttamente o indirettamente dall’organizzazione criminale, a cui versava – dicono i carabinieri – anche delle somme di denaro”. A portare alla luce gli la “cointeressenza economiche” tra l’imprenditore e gli esponenti di Cosa nostra etnea erano state alcune intercettazioni ambientali effettuate in carcere nel 2005, nel corso di colloqui tra Aiello e i suoi familiari. Pesce versava anche un vero e proprio “stipendio” alla famiglia di Aiello. Gli interessi comuni dell’imprenditore con gli uomini dei clan passavano anche attraverso l’affitto di un terreno a Motta Sant’Anastasia, pari a circa seicento milioni delle vecchie lire. La figura dell’impenditore spunta in diversi episodi che vedono protagonisti Aiello e altri presunti appartenenti a Cosa nostra.
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