di Elisabetta Graziani

Torino, 14 dic. (LaPresse) – Grazie alla scienza ora sappiamo che la chiesa storta di Auvers-sur-Oise dipinta da Van Gogh, quel capolavoro di fronte a cui milioni di persone si sono soffermate a rimirare i colori e le forme liquide, non deve il suo fascino magnetico soltanto al genio dell’artista, ma anche a un suo difetto visivo momentaneo: la maculopatia da stress o sierosa centrale. Discorso analogo per un altro grande: Claude Monet.

“Monet – spiega Andrea Cusumano, docente di oftalmologia all’università di Tor Vergata e professore a Bonn e alla Cornell University di New York – ha iniziato a dipingere con colori brillanti e molto suggestivi, poi piano piano i giardini fioriti sono diventati quasi sempre autunnali: marroni, giallastri un po’ brunastri”. “Il motivo – spiega il professore, tra i massimi esperti di maculopatia – è semplice: Monet aveva sviluppato la cataratta, abbiamo anche il nome del chirurgo che lo operò. Il recupero che per noi oggi è di un giorno per lui fu di un anno, dopo ricominciò a dipingere gli stessi ambienti con altrettanta vivacità del colore di prima”. Ma la maculopatia non è prerogativa dei geni, si tratta infatti di una delle malattie oculari più diffuse tra gli occidentali, di cui ancora non tutto è stato scoperto.

Come si fa a sostenere che Vincent Van Gogh soffrisse di questa patologia?

“C’è una prova documentale e deduttiva abbastanza consistente per immaginare che Van Gogh sia il primo caso al mondo documentato di una patologia tipica dello stress che si chiama corioretinopatia sierosa centrale. Se questa patologia interessa la parte più importante della retina, che è quella centrale e si chiama macula, è anche legittimo parlare di una maculopatia da stress”.

Altri suoi dipinti lo testimoniano o soltanto la chiesa di Auvers-sur-Oise?

“Non è che tutta la pittura di Van Gogh sia stata influenzata dalla presenza della maculopatia. Non ci sono altri dipinti che presentino questo tipo di deficit visivo ed è questa la particolarità e l’autenticità della diagnosi presunta. La patologia dello stress, cioè la ‘sierosa centrale’, è in alcuni casi solo temporanea, mentre altre volte può persistere e cronicizzarsi nel tempo. Questo tipo di maculopatia, che porta a una deformazione delle immagini, compare esclusivamente nell’ultimissimo periodo di vita del pittore, quando Vincent raggiunse il massimo dello stress: entrava e usciva da una specie di manicomio e intratteneva una fitta corrispondenza con la famiglia, in particolare col fratello Theo che lo manteneva. Questo dipinto ha tra l’altro preceduto soltanto di due mesi la sua morte. Quindi, poiché Van Gogh dipinge improvvisamente al di fuori del suo stile e lo fa esattamente come dipingerebbe un nostro paziente, e poiché nei due mesi successivi produce quasi un quadro al giorno, cioè 40-50 opere tutte ‘normali’, è lecito ipotizzare che in quel momento di massimo stress il pittore fosse affetto da corioretinopatia sierosa centrale. Grazie a quel capolavoro noi abbiamo una rappresentazione unica cento anni prima che la ‘sierosa’ fosse scoperta”.

Che tipo di patologia è la maculopatia da stress e chi può colpire?

“La ‘sierosa centrale’ è l’unica patologia della macula autorisolvente: talora, quando termina lo stress, le alterazioni anatomiche e funzionali possono scomparire del tutto. Si può risolvere anche nel giro di un giorno o di una settimana o di un mese. Non c’è altra patologia della macula che può tornare indietro se non la sierosa. Si tratta di un problema della retina causato dall’accumulo di sostanze prodotte dall’organismo in persone ansiose. Nella macula, la parte dell’occhio da cui dipende la nitidezza della visione, si crea una specie di bolla liquida al di sotto della retina che deforma le immagini, come in Van Gogh. Colpisce quasi esclusivamente i giovani stressati o i soggetti sensibili che fanno uso di cortisoni. E’ tipica del 25enne o 45enne rampante”.

Esistono altri tipi di questa patologia?

“Ci sono una maculopatia legata all’età e una diabetica. La senile può essere a sua volta atrofica, progressiva ma lenta, ed essudativa, più veloce e devastante. Se improvvisamente la componente da atrofica diventa essudativa l’anziano può perdere la visione centrale nel giro di pochi minuti. Quella legata al diabete è direttamente proporzionale agli anni di presenza della malattia diabetica”.

Qual è la loro diffusione?

“La maculopatia del giovane o da stress è la meno frequente: presumibilmente un paziente ogni 2-3mila. Sovente sono episodi brevi che talvolta si vedono solo con esami diagnostici strumentali particolarmente sofisticati. La maculopatia senile è invece la prima causa di ipovisione nei Paesi occidentali tra la popolazione a partire dai 65 anni di età. Le donne sono più soggette alla forma patologica legata all’età, gli uomini giovani alla sierosa centrale”.

Si diventa ciechi?

“Il paziente con la maculopatia legata all’età non diventa mai cieco, ma perde la visione centrale: non vede progressivamente le lettere dei quotidiani o salta le parole, fino a non distinguere più i volti. La maculopatia da stress dà un danno centrale ma si manifesta più come una visione di linee distorte. L’edema maculare diabetico, infine, dà anch’esso una perdita forte della visione centrale con molte distorsioni”.

A che età compare la senile?

“In genere colpisce gli ultra 65enni, ma compare già nei 50enni, solo che il rischio è del 2% e diventa del 30-35% nella popolazione intorno ai 70 anni. E’ molto diffusa perché sono incrementati due fattori: l’aumento della vita media e la componente genetica. Tant’è che si usano dei test genetici per verificare quali sono i pazienti a rischio”.

Quando è stata scoperta la maculopatia?

“E’ una patologia individuata da molti anni, mentre la sierosa centrale solo dal 1980. Ma ancora oggi sappiamo che la patologia maculare legata all’età è una patologia multifattoriale: cioè concorrono moltissimi elementi noti e molti non noti. Tra i noti innanzitutto la componente genetica e l’esposizione all’ultravioletto. Da che è stata scoperta c’è stato un incremento dei casi, anche perché sono state affinate le tecniche di controllo. In particolare la Tomografia a coerenza ottica (Oct) – una specie di risonanza magnetica – dovrebbe entrare a far parte della normale visita oculistica”.

Ci sono persone a rischio?

“L’esposizione solare è un fattore chiave nello sviluppo della deviazione maculare legata all’età. Quindi categorie a rischio sono il finanziere che lavora in alta montagna o il marinaio che è sempre esposto al riverbero del sole sull’acqua. L’uso degli occhiali protettivi in questi casi diventa fondamentale: servono lenti filtrate anti ultravioletto certificate CEE. I bambini dell’emisfero australe, dove il buco dell’ozono è una realtà, le portano già. Se una persona risulta positiva ai test genetici, invece, con la farmacogenomica è possibile modificare gli stili di vita e ridurre perciò le probabilità di incorrere nella patologia o di allontanarla nel tempo. Altri fattori di rischio sono la ipercolesterolemia, il fumo e l’ipertensione, oltre alla semplice esposizione prolungata ai raggi del sole, anche in periodi limitati come quello delle vacanze”.

Esistono delle cure?

“Tutte e tre le patologie sono trattatibili da un po’ di anni. Si usa la terapia fotodinamica per la sierosa centrale e gli integratori per ridurre la progressione della maculopatia senile (fra due anni circa sarà liberalizzato un farmaco intraoculare apposito per la atrofica). In particolare, per la forma essudativa si utilizzano sostanze che inibiscono la proliferazione di neovasi patologici che distorcono la struttura retinica in maniera permanente: sono iniezioni di farmaci intravitreali chiamati anti-vEGF, usati anche per la forma diabetica, in associazione però a una terapia laser. In tutti e tre i casi sono fondamentali diagnosi e terapia precoci”.

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