Palermo, 15 dic. (LaPresse) – Aziende agricole che puntano soprattutto alla produzione di olive e ortaggi, e imprese edili che si occupano anche di movimento terra. E’ il core business di Cosa nostra in provincia di Trapani, così come descritto dai decreti di sequestro emessi dalla sezione Misure di prevenzione del tribunale che ha messo i sigilli a beni per 20,3 milioni di euro, tutti riconducibili a presunti fiancheggiatori del superlatitante Matteo Messina Denaro. Oltre ai beni immobili, ai veicoli e ai numerosissimi conti correnti sequestrati dalla guardia di finanza e dai carabinieri, una parte consistente del patrimonio finito nel mirino degli investigatori è data da dieci società. Sono quasi tutte operanti in Sicilia e secondo gli inquirenti dietro ci sarebbe sempre il superlatitante di Castelvetrano: ora saranno affidate al controllo di amministratori giudiziari.
I sigilli sono scattati per le aziende di Mario Messina Denaro e Giovanni Filardo, cugini del capomafia. Al primo sono stati sequestrati un caseificio formalmente di proprietà della moglie (‘Impresa Forte Anna Maria’) e un’azienda che si occupa della coltivazione delle olive. Al secondo la ‘Bf Costruzioni Srl’. Costruzioni ed estrazione di materiale per l’edilizia anche nel caso di Nicolò Polizzi, cui è stata sequestrata la ‘Polizzi Pietro Luca’, società proprietaria di una cava da cui estrae ghiaia e sabbia, ma che è anche impegnata in lavori di costruzione di fognature, reti idriche, scavi e movimento terra. A Vincenzo Torino, imprenditore della provincia di Salerno, sono state sequestrate cinque aziende formalmente intestate a suoi familiari e che operano essenzialmente nel settore degli ortaggi. E’ così per la ‘Tagca Sas’, di cui Torino è socio insieme con il figlio.
E’ finita sotto sequestro, così come la ditta individuale ‘Torino Vincenzo’, che si occupa del commercio ambulante di generi alimentari e che gestisce un deposito a Campobello di Mazara. L’azienda è attiva anche nella raccolta e nella lavorazione delle olive. Stesso settore, quest’ultimo, della ‘Torino olive Sas di Califano Silvana’, moglie di Vincenzo Torino e con sede a San Marzano sul Sarno. Di ortaggi si occupa invece la ‘Torino Gaetano’, intestata a uno dei tre figli di Vincenzo. Ultima in elenco la ‘Torino Ciro’, formalmente di proprietà di un altro figlio di Vincenzo, che ha affittato l’attività di un’altra azienda, la ‘Fontane d’oro Sas’, operante nel settore olivicolo. In questo caso gli investigatori non hanno dubbi: Torino fungeva da “prestanome” della ‘Fontane d’oro Sas’, ritenuta “impresa di importanza cruciale nel territorio campobellese” e realmente nelle mani di Francesco Luppino, attualmente in carcere. Alla ‘Fontane d’oro Sas’ è legato anche il nome di Aldo Di Stefano, di Campobello di Mazara, cui il tribunale ha sequestrato due ditte: la prima formalmente intestata alla moglie, che si occupa di colture miste viti-vinicole, e la seconda al figlio, Antonino Di Stefano, attiva nel commercio al dettaglio ambulante di prodotti. Anche in questo caso le indagini degli inquirenti svelano legami tra i Di Stefano e la ‘Fontane d’oro Sas’.
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