Milano, 16 dic. (LaPresse) – L’obiettivo della cosca Libri – De Stefano – Tegano era quello di gestire gli appalti del catering di Milan e Inter allo stadio di San Siro. Il particolare emerge dall’indagine della Dda di Milano, coordinata dal procuratore aggiunto della Repubblica Ilda Boccassini, dalla collega Paola Biondolillo e dal sostituto procuratore Marcello Tatangelo, che ha portato all’arresto di 59 persone. Gli arrestati avevano coinvolto anche un uomo delle forze dell’ordine, il carabiniere Carlo Milesi in servizio all’ispettorato del lavoro, per cercare di screditare l’azienda che si era aggiudicata regolarmente la gara per la ristorazione all’interno dello stadio e in questo modo riuscire ad ottenere l’appalto.
L’imprenditore compiacente con la cosca è Cristiano Sala, titolare della Maestro di Casa Holding, una grande azienda del settore ristorazione fallita nel 2010 e già responsabile del catering di San Siro per l’Inter. Sala, dopo il fallimento, era entrato in stretti rapporti con la ‘ndrangheta e gestiva in maniera occulta altre società. Per screditare i concorrenti del IT Srl, che avevano correttamente vinto la gara con il Milan, la cosca chiede a Milesi di mettere in piedi una finta indagine con false accuse di sfruttamento del lavoro clandestino. L’azienda subisce un’ispezione il 16 dicembre 2013, proprio nel giorno in cui a San Siro il Milan gioca contro la Roma. Dopo il blitz, Milesi avvicina alcuni dirigenti del Milan, del tutto estranei alla vicenda, e descrive le attività della IT Srl come illegali. Il carabiniere fa di più. Fa arrivare alcune false informazioni sulla sua falsa indagine ad un giornalista, che del tutto ignaro contribuisce ad aumentare il clamore mediatico sulla IT Srl. Solo l’inchiesta della Dda ha evitato che il cartering per il 2014 – 2015 del Milan finisse nella mani della ‘ndrangheta.
Ai 59 arrestati, tutti legati alla cosca Libri-De Stefano- Tegano, la Dda di Milano contesta ben 140 capi di imputazione, che vanno dall’associazione a delinquere di stampo mafioso al traffico di armi, dalla corruzione di pubblico ufficiale all’estorsione, fino all’associazione finalizzata al traffico internazionale di sostanze stupefacenti. A dare il via all’indagine sono stati alcuni accertamenti effettuati dopo che contro l’auto di un imprenditore, titolare di diverse concessionarie, erano stati esplosi diversi colpi di pistola. L’uomo risulta legato a Giulio Martino. Martino, condannato negli anni 90 a 20 anni di reclusione e recentemente tornato in carcere, è il referente in Lombardia della cosca Libri- De Stefano- Tegano, una delle più potenti di Reggio Calabria, protagonista delle cosiddette Prima e seconda guerra di ‘Ndrangheta che insanguinarono la Calabria tra gli anni ’70 e l’inizio degli anni ’90.
“In 20 anni non era cambiato nulla”, ha fatto notare il sostituto procuratore Marcello Tatangelo, che ha coordinato l’indagine con il procuratore aggiunto Ilda Boccassini e con la collega Paola Biondolillo. “Abbiamo scoperto – ha precisato il pm – che, dopo il rilascio, Giulio Martino era tornato a coordinare le attività criminali della ‘Ndrangheta nella zona di piazza Prealpi e viale Certosa. Com’è consuetudine, questi uomini mantenevano un rapporto costante con la cosca originaria di Reggio Calabria e mantengono i vincoli di sostegno alle famiglie degli aderenti in prigione”. L’indagine ha mostrato come sempre più spesso siano gli imprenditori, a corto di liquidità, a cercare un contatto con la malavita. “Purtroppo il luogo comune dell’imprenditore vittima della mafia non corrisponde sempre a verità – ha sottolineato Tatangelo -, ma sempre più spesso si assiste alle vicende di imprenditori che, spinti dall’esistenza di crediti ingenti, finiscono con l’essere risucchiati dall’organizzazione, mettendo a disposizione delle mafie il loro patrimonio di conoscenze imprenditoriali”.
Oltre a Cristiano Sala, cha con l’aiuto della ‘Ndrangheta stava cercando di conquistare il servizio catering a San Siro, al centro dell’inchiesta è finito anche Michele Surace, originario di Reggio Calabria, che si rivolge alla ‘ndrina per aprire una sala bingo a Cernusco. Quando il giro d’affari cala, chiede agli ‘ndranghetisti di incendiare il locale. “Era da circa 20 anni che non si operava in termini di criminalità organizzata a Milano – ha detto il generale Maurizio Stefanizzi, comandante provinciale dei carabinieri di Milano – e l’organizzazione ha mostrato una profonda diversificazione del business, che andava dal traffico di droga soprattutto per sovvenzionarsi e garantire una rendita alle famiglie dei carcerati, fino ai tentativi di condizionare l’aggiudicazione di appalti”. “Ci è dispiaciuto molto – ha concluso – e siamo stati inflessibili, operando con rigidità”.
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