di Denise Faticante

Roma, 20 apr. (LaPresse)- Scarse, spesso con poche risorse economiche e vittime di un sistema di norme confuse. Sono le strutture d’accoglienza degli immigrati presenti in Italia. I loro nomi risuonano all’indomani di ogni tragedia dei migranti. Si tratta di strutture spesso nate sull’onda dell’emergenza e che troppe volte si trasformano in veri e propri labirinti normativi. Parliamo dei Cara, dei Cie e dei Cda: sigle dietro le quali si nasconde disperazione ma anche tanta confusione. Oggi sono più di 67mila gli immigrati che vivono in queste strutture.

I CARA: NUMERI E FUNZIONI. Stando ai dati resi noti dal Viminale e dall’Osservatorio dei Migranti, i Cara (Centri di Accoglienza per Richiedenti Asilo) in Italia sono 10, hanno una capienza di 4.079 posti letto. Sono nati nel 2002 e ospitano i richiedenti asilo ammessi, o comunque presenti, sul territorio nazionale in attesa dell’esito della procedura di richiesta della protezione internazionale. In base alla normativa esistente, all’ingresso del Cara lo straniero riceve un attestato nominativo che certifica il suo status di richiedente asilo e di ospite del centro. Il periodo di ‘accoglienza’ non dovrebbe superare i 35 giorni, oltre i quali il richiedente asilo dovrebbe ricevere un permesso di soggiorno della durata di tre mesi, rinnovabile fino alla definizione della richiesta di asilo. Di fatto, a causa dei ritardi delle Commissioni territoriali nella definizione delle domande di protezione internazionale ricevute, i tempi di permanenza superano in genere i sei mesi.

CDA: COSA SONO. Si tratta di Centri di Accoglienza, alcuni dei quali sono definiti Centri di Primo Soccorso ed Accoglienza (Cpsa) sono 8 in tutta Italia. I posti letto disponibili sono 2880 e possono accogliere un immigrato al massimo 48 ore. Svolgono funzioni di accoglienza, garantendo un primo soccorso allo straniero irregolare.

Siccome alcuni Cara svolgono anche la funzione di Cda, il conteggio dei posti totali disponibili è difficile da effettuare, dato che l’effettiva disponibilità di posti dedicati ai richiedenti asilo è soggetta a variazioni nei centri ‘ibridi’. In tutto, comprese le sovrapposizioni, i Centri governativi per i richiedenti asilo sono 14 e vanno da Gorizia alla Sicilia. Nell’Isola sono presenti ben cinque strutture. Stando ai dati del ministero degli Interni aggiornato a febbraio del 2015, sono 67.128 gli stranieri presenti in queste strutture: il 21% in Sicilia, segue Lazio, Puglia e Lombardia.

I CIE: STRUTTURE CONTROVERSE. Un capitolo a parte meritano i Cie, ossia i centri di identificazione ed espulsione istituiti per trattenere gli stranieri “sottoposti a provvedimenti di espulsione e o di respingimento con accompagnamento coattivo alla frontiera”. Lo straniero viene trattenuto per 30 giorni, prorogabili da parte del prefetto di 30 in 30 giorni fino a 6 mesi. Allo scadere del periodo previsto, lo straniero viene accompagnato alla frontiera o lasciato libero con un documento che gli impone di lasciare l’Italia entro 5 giorni. I Cie ancora attivi sono 5: Torino, Roma, Bari, Trapani e Caltanisetta. Sorti secondo una logica cosiddetta “emergenziale”, piuttosto che con un piano razionale, i singoli centri sono estremamente difformi uno dall’altro tra loro quanto a strutture e gestione. Spesso si trasformano in veri e propri centri di reclusione e diventano coacervo di rabbia ed esasperazione. Come è accaduto nel Natale scorso a Ponte Galeria, periferia di Roma, dove un gruppo di ragazzi marocchini, per protestare contro i tempi di permanenza troppo lunghi, ha prima indetto lo sciopero della fame e poi con un gesto eclantante si è cucito le labbra.

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