di Ilaria Leccardi
Foto di Luca Parisse per BWS
Milano, 1 lug. (LaPresse) – Orgoglio e meraviglia. Stupore, da scoprire negli occhi di un ventenne. Cercare di divertire toccando temi importanti. E poi presentarsi al mondo, con musica, coreografia e immaginazione. È l’universo di Marco Balich, direttore artistico del Padiglione Italia a Expo 2015, ideatore del discusso Albero della Vita, colui che sta allestendo la cerimonia dei Giochi olimpici di Rio 2016. Il fondatore della Balich Wordlwide Shows. La mostra di Palazzo Italia a Expo è un prodotto della sua mente e ogni volta che la ripercorre si guarda attorno come fosse la prima. “Il vero test sono i ragazzi. Mi piace fermarmi a osservare come reagiscono la prima volta che entrano nei vari ambienti”, racconta salendo al primo piano dell’edificio, da dove parte il percorso che racconta il Paese. “L’obiettivo è parlare ai giovani, spiegare l’importanza di tutelare la bellezza. Per questo abbiamo scelto un linguaggio semplice e immediato. Non volevamo un ‘museo dell’Italia’, ma qualcosa che potesse anche divertire, un’esperienza viva e sensoriale”.
Quattro le sezioni (ribattezzate ‘potenze’) su cui si sviluppa la mostra, articolate sulle 21 regioni italiane più Roma capitale. Un mosaico costruito in oltre un anno di lavoro, durante cui Balich ha percorso l’Italia con i sociologi Aldo Bonomi e Giuseppe De Rita. Si parte dal saper fare, ossia il racconto di storie di persone, una per regione, che tramite il proprio lavoro hanno dimostrato come la sfida della nutrizione sia coniugabile alla sostenibilità. Si passa poi alla potenza della bellezza. Bellezza a rischio, rappresentata dalla ‘chaos room’, una sala buia dove il visitatore si trova disorientato da rumori, effetti e pendenze, e che sfocia nei ‘disastri’ storici italiani, dall’amianto al Vajont, passando per le alluvioni. Bellezza come antidoto, quella del paesaggio naturale, degli edifici storici e dei luoghi d’arte. I giochi di specchi avvolgono il visitatore, proiettandolo in una realtà di cui si sente parte. Bellezza che rinasce, grazie alla scuola italiana del restauro, con il ricordo del terremoto di Assisi e il rivivere di una città distrutta.
“L’idea – spiega ancora Balich – è puntare sulla spettacolarizzazione. Abbiamo deciso di esaltare la potenza del saper fare, ma in tema di sostenibilità, quindi la bellezza e il guizzo dato dal superamento del limite”. A questo ultimo punto è dedicata la terza sezione, storie che raccontano il limite come motore dell’ingegno. E poi, per finire, la biodiversità italiana, un grande stivale dove crescono le specie botaniche più diverse di cui è ricco il nostro Paese. La materializzazione del Vivaio Italia, tema guida dell’intera mostra. “Sarò cinico, ma non mi interessa tanto se una persona anziana esce dalla mostra storcendo il naso, anche se ne ho viste poche. A me interessa stupire i giovani, sono loro il nostro futuro, le persone a cui ci rivolgiamo”.
Il percorso che ha portato alla mostra e al completamento di Palazzo Italia non è stato semplice. Minato, negli ultimi mesi prima dell’apertura di Expo, dalle vicende giudiziarie che hanno portato all’arresto dell’ex responsabile del Padiglione Italia Antonio Acerbo e di altre figure. Quindi l’arrivo del commissario Raffaele Cantone e i controlli su ogni singolo spillo. “E’ stato un contesto complesso in cui lavorare, ma alla fine ce l’abbiamo fatta”. E poi ci sono state le critiche, soprattutto quelle all’Albero della Vita, per contro il vero orgoglio di Marco Balich. “Molti non lo volevano. Non riuscivano a vederne l’utilità, ma io ce l’avevo ben chiara in testa fin dal primo minuto. La mia esperienza alle Olimpiadi mi ha insegnato l’importanza delle icone. Mi piace pensare che un bambino veda l’Albero e poi lo disegni, se ne ricordi, lo identifichi con Expo”.
L’Albero, alto 37 metri e con una circonferenza di 47, è stato eretto in quattro mesi grazie all’intervento di Orgoglio Brescia, consorzio di 19 imprese bresciane, allo studio di Giò Forma e alla sponsorizzazione di Coldiretti e Pirelli. È l’elemento ludico dell’Esposizione universale, con gli effetti di luce e i giochi d’acqua che a ogni ora si accendono accompagnati dalla musica, brani popolari di giorno, composizioni di sera. Di frecciate verso la sua ‘creazione pop’ ne sono arrivate, primo fra tutti da Vittorio Sgarbi, ma Balich risponde serafico: “Le critiche? Diciamo che noi siamo orgogliosi degli apprezzamenti. Pensare che parlare alla gente sia da superficiali è da persone stupide. Il nostro segreto è usare codici semplici per dire cose importanti”.
E questo è l’obiettivo anche in contesti diversi, come quelli dei Giochi olimpici. Partito dall’esperienza della Flag Handover (il passaggio di bandiera) di Salt Lake City 2002, che gli ha permesso di scoprire il mondo dello sport (“meraviglioso, fatto di musica, soldi e spettacolarità”), Balich – un passato nella musica e nella televisione – ha ideato la cerimonia di Torino 2006. Un evento che gli è valso un Emmy Award e ha permesso la “formazione di una generazione di tecnici e coreografi che ora lavorano in tutto il mondo”. Quindi gli sono state affidate le cerimonie dei Giochi invernali di Sochi 2014, in Russia, “i più ricchi, i più sfarzosi”, e quelli di Rio 2016, le prime Olimpiadi che si disputeranno in Sudamerica. “È un continuo avanti e indietro dal Brasile, ormai passo più tempo là che qui”, spiega l’imprenditore, padre di quattro figli, che sta curando anche Intimissimi On Ice, evento che si terrà il 9 e 10 ottobre all’Arena di Verona con la partecipazione di Carolina Kostner. “Le idee per Rio sono pronte, stiamo iniziando a mettere in scena i cosiddetti effetti wow”, racconta, senza però potersi sbottonare più di tanto. “Il Brasile è un Paese speciale, offre molti spunti naturali, e deve affrontare una sfida delicata. Non posso svelare quasi nulla, se non che punteremo sulla sensibilità e sul senso musicale. Sarà una cerimonia tecnologica con una ventata di umanità”.
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