Rho Pero (Milano), 4 lug. (LaPresse) – Un popolo di appassionati, intenditori e veri esperti. Sono 29,4 milioni gli italiani che si definiscono appassionati, ovvero persone a cui piace informarsi e parlare di cibo; 12,6 milioni si ritengono intenditori, capaci di discutere con buone nozioni su preparazioni, ricette e tradizioni; 4,1 milioni si considerano veri esperti. E sono 19,7 milioni gli italiani appassionati di vino, 7,2 milioni gli intenditori e 1,9 milioni gli esperti. L‘enogastronomia è il nostro grande tema nazionale, pervasivo sul piano sociale, una componente fondamentale dello stile di vita, della cultura e dell’identità italica. È quanto emerge dalla ricerca del Censis ‘Gli italiani e il cibo. Rapporto su un’eccellenza da condividere’ realizzata per il Padiglione Italia di Expo 2015, che affronta il tema chiave ‘Nutrire il pianeta’ in relazione alla situazione sociale italiana.

La ricerca è stata presentata oggi a allo spazio Mipaaf di Expo alla presenza di Diana Bracco, presidente di Expo 2015 e commissario generale del Padiglione Italia, e di Maurizio Martina, ministro delle Politiche agricole, alimentari e forestali. Nella vita quotidiana, secondo il rapporto, la certezza delle radici si unisce alla voglia di sperimentare: 38,5 milioni di italiani preparano pietanze e ricette innovative apprese da ricettari o da programmi televisivi, 29 milioni mangiano piatti tipici di altri Paesi europei (come paella, crepes, gazpacho), 25,7 milioni gustano piatti etnici (come guacamole e cous cous).

Anche negli anni della crisi, per gli italiani la ricerca di prezzi convenienti non è andata a scapito della qualità. Nella scelta di un alimento, per l’87,6% conta la tipicità e il radicamento territoriale del prodotto, per l’86,3% la certificazione Doc, Docg e Dop, per il 59% la marca. Territorialità, trasparenza e certificazione sono al cuore delle scelte alimentari degli italiani come garanzia di qualità, sicurezza e salubrità del cibo.Nel Paese della dieta mediterranea, inoltre, a oltre 20 milioni di italiani capita di mangiare nei fast food (2,8 milioni lo fanno regolarmente). E i prodotti tipici locali o di sicura provenienza italiana possono convivere con i surgelati (34,3 milioni di italiani acquistano surgelati e 24,7 milioni congelano pietanze preparate da loro stessi).

Nelle abitudini degli italiani la qualità si unisce alla praticità in una logica combinatoria all’insegna del “politeismo alimentare”.Cibo e relazioni, una lunga storia d’amore italiana. Sono 36,6 milioni gli italiani a cui capita di mangiare fuori casa e la convivialità è il motivo prevalente. Sono 19,6 milioni quelli che mangiano fuori per incontrarsi con gli amici in un ambiente diverso da quello casalingo, 10,3 milioni lo fanno per svagarsi e non cucinare, quasi 7 milioni per sperimentare pietanze nuove, di cucine etniche e tradizioni diverse. La ragione principale della scelta di un locale in cui mangiare è proprio la ricerca di un ambiente tranquillo che consenta di stare bene a tavola con i propri commensali: lo afferma il 39,4% degli italiani.

La tavola, però, non è imbandita per tutti: 2,4 milioni di famiglie non hanno acquistato alimenti necessari a causa di difficoltà economiche (un milione in più nel periodo 2007-2014: +85%). Sono 2,4 milioni le famiglie italiane (il 9,2% del totale) che però nell’ultimo anno non hanno avuto i soldi sufficienti per comprare il cibo necessario. Sono un milione in più rispetto al 2007, c’è stato cioè un aumento dell’84,8%. Puglia (16,1%), Campania (14,2%) e Sicilia (13,3%) sono le tre regioni con la quota percentuale più alta di famiglie che vivono in condizione di disagio alimentare.Più figli, più disagio alimentare. Il 12,2% delle famiglie con figli minori (830.000 nuclei) nell’ultimo anno non ha potuto acquistare il cibo necessario a causa di difficoltà economiche. Le famiglie con figli sono anche quelle che hanno subito di più i tagli alla spesa alimentare negli anni 2007-2014: -15,6% le coppie con due figli, -18,2% le coppie con tre o più figli.”Il cibo italiano è diventato negli ultimi 10-15 anni un parametro mondiale e un elemento fondamentale di relazionalità.

La diversità – ha spiegato il presidente del Censis, Giuseppe De Rita – è un elemento essenziale nel cibo di un popolo che ha mangiato per troppi anni in maniera uniforme. La dimensione relazionale è fondamentale per fare un lavoro con cibo che ci renda orgogliosi. Tutti tendiamo a mangiare insieme. Oggi, se mangio da solo, sono un alieno. Possiamo parlare – ha aggiunto – di politeismo del mangiare, ma nel mondo vince la filiera, la verticalità, non il modello orizzontale italiano. Il problema è come una società orgogliosamente orizzontale come la nostra reagirà alla forza crescente della verticalità, che ritrovate ad esempio nel settore delle auto. Il cibo è diverso, ma non sei sicuro che questo modello possa resistere alla dimensione della forza verticale. Questa è la sfida che l’Italia deve accettare – ha concluso – ma non è la sfida moralistica di fare una carta per far mangiare tutto il mondo”.

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