Roma, 6 lug. (LaPresse) – È reato spifferare alla moglie le scappatelle del marito, anche se il ‘fedifrago’ era il proprio amante. La Cassazione ha confermato la condanna a una donna che, con alcune telefonate anonime, aveva informato la ‘rivale’ della propria love story con il marito di lei. Più qualche altra avventura extraconiugale.
Secondo i supremi giudici della prima sezione penale si tratta di molestie e hanno respinto il ricorso contro l’ammenda di 400 euro (pena sospesa) inflitta dal Tribunale di Potenza.
La donna, in forma anonima, per tre volte aveva telefonato alla moglie dell’ex amante e rivelandole le liason extraconiugali di lui. Denunciata, è stata identificata, indagata e infine condannata.La tesi della difesa si basava sul fatto che le chiamate erano durate relativamente a lungo e che la “tradita” non le aveva troncate, “a dimostrazione che voleva ulteriori informazioni” e non era assillata dalle telefonate.
Ma la mancata interruzione delle conversazioni da parte della persona offesa, argomentano i giudici, non può escludere la natura molesta delle telefonate dato che che l’atteggiamento della tradita “non poteva essere interpretato come acquiescenza, tenuto conto della importanza delle rivelazioni che le erano state fatte”. Difficile, insomma, attaccare il telefono quando si tratta di certe confidenze, anche se da una voce sconosciuta. Anzi, secondo gli ermellini “la natura molesta e petulante delle chiamate viene giustamente ricavata dalla forma anonima delle stesse”.
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