Milano, 19 ago. (LaPresse) – “Abbiamo avuto poche ore per mettere le nostre cose negli scatoloni e andarcene. A novembre, quando nel quartiere si erano intensificati gli sgomberi, avevamo chiesto di poter rimanere dentro questo stabile, occupandoci noi della ristrutturazione. Avremmo sistemato i muri e le finestre. Qui tutti sono felici, nonostante le difficoltà: siamo sudamericani e abbiamo sempre il sorriso in faccia. Prendiamo le sedie e mangiamo insieme nel cortile, trippa con arachidi e lime. Sembra di essere nel nostro Paese e siamo riusciti a far convivere, nello stesso ambiente, persone latine di provenienza diversa. Il continente è grande, e non è semplice”. E’ quanto racconta un abitante latino americano dello stabile di via Comacchio 4 del quartiere Corvetto di Milano, a sud est della città, sgomberato questa mattina dalle forze dell’ordine. Si è trattata di una delle operazioni più importanti sino ad oggi registrate negli stabili popolari del capoluogo lombardo: quattro piani, in tutto 56 alloggi Aler, interamente occupati da persone soprattutto di nazionalità sudamericana, per lo più peruviani ed ecuadoriani.
Un maxisgombero reso necessario, comunicano dal Comune, “per consentire l’esecuzione dei lavori di ristrutturazione dell’edificio”. Prima dell’occupazione, avvenuta due anni fa, l’intera palazzina è stata vuota per anni perchè necessitava di interventi strutturali di cui Aler, poi Metropolitane Milanesi, non si era interessata per mancanza di fondi. “Qui gli italiani non vogliono abitarci, ma a noi è sempre bastato solo avere un tetto, il riscaldamento e l’acqua corrente – continua il racconto dell’uomo -. Da mesi avevamo anche la nostra raccolta differenziata: la gestivamo a turni”. Lui, come circa altre 200 persone, da due anni occupava un appartamento. “Per necessità, e non per fare un torto agli italiani: noi tutti, qui, vorremmo pagare un affitto, ma in base a quanto guadagnamo. I prezzi di Milano per molte famiglie che vivono in via Comacchio e in altri quartieri popolari sono troppo alti. Ora vedremo dove andare, ci sposteremo negli alloggi temporanei del Comune, e poi si vedrà”, dichiara.
Tra gli abitanti di via Comacchio, oltre a una comunità sudamericana, c’era anche una manciata di albanesi e un italiano. Ma ci abitavano anche alcune donne sole, madri di bambini: in totale sono circa 50 i minori che abitavano nello stabile al civico 4. Si davano il turno fra di loro per poter accudire i figli continuando a lavorare, spesso con turni di notte. Lavori umili: badanti e addette alla pulizia. Come Rosaria, ecuadoriana, madre single e senza familiari in Italia. E’ due anni che chiede l’assegnazione di un alloggio popolare al Comune senza avere risposta. Ha un figlio di 8 anni, disabile, che non ha mai conosciuto il padre. E nell’attesa di una risposta dal Comune, aveva deciso di occupare un alloggio in via Comacchio. “Il mio bimbo è affetto dalla sindrome di Martin-Bell, ha un ritardo mentale – racconta la donna -. E’ molto buono e dolce, ma non posso lasciarlo da solo a casa quando lavoro. Faccio la badante, e i soldi che guadagno li spendo per farlo stare bene. Quando lavoro di notte il mio bambino rimane dalle vicine, ci diamo tutte una mano”.
Ai nuclei familiari sgomberati questa mattina il Comune di Milano ha proposto di soggiornare in alloggi temporanei in cui, però, uomini e donne devono stare in strutture differenti, con la conseguenza che mogli e figli saranno separati. Per il Comitato Abitanti Giambellino Lorenteggio, quartiere milanese poco lontano dal Corvetto che, in questi anni di occupazioni e sgomberi avvenuti durante la Giunta Pisapia, ha sostenuto le cause dei residenti di via Comacchio, gli sgomberi non risolvono il problema abitativo della città. “Lo dicono i numeri e la strategia che Aler, oggi Metropolitane Milanesi, e le istituzioni stanno mettendo in campo. Ci sono circa 10mila case vuote che non vengono assegnate con la scusa che sono da ristrutturare e più di 20mila famiglie che sono in lista d’attesa – dichiarano gli attivisti del comitato -. Ogni sgombero costa in media dai 5mila ai 10mila euro, e oggi i costi saranno stati ancora più elevati vista l’entità dell’operazione. Se questi soldi venissero usati per ristrutturare le case per poi assegnarle sarebbe l’inizio di una vera risposta all’emergenza abitativa. Il vero obiettivo di sgomberi come questo – continua il comitato – è smantellare l’edilizia pubblica e privatizzare il bisogno di avere un tetto sopra la testa. E’ per questo che lasciano le case vuote e cercano di metterci gli uni contro gli altri dando la colpa della gestione mafiosa di Aler agli occupanti”. Sono 14 le camionette che oggi la celere ha messo in campo per lo sgombero, a cui ha partecipato anche l’Arma dei carabinieri, la guardia di finanza, la polizia locale, i vigili del fuoco e gli operatori del 118.
Gli occupanti di via Comacchio 4 sono persone che hanno deciso di organizzarsi per non morire di freddo e aspettare qualcosa che non arriverà mai perché le politiche abitative non esistono più se non a livello di repressione e di umiliazione”. Sono le parole del Comitato Abitanti Giambellino Lorenteggio, che aggiunge: “Basterebbe fare un regolare contratto d’affitto a chi ha occupato e il problema della legalità si risolverebbe. Ma la questione è più ampia e la legalità che butta in strada famiglie e bambini attacca le nostre vite, in difesa degli interessi dei soliti palazzinari ci attaccano e ci fanno passare per criminali, così possono continuare a fregarci e rubare nella totale impunità. Non si è mai vista un’operazione come quella di oggi a Corvetto per costringere Aler ad assegnare le case e arrestare tutti i suoi funzionari corrotti, questo perché non è nel loro interesse. L’illegalità di Aler – concludono gli attivisti – è la legalità di chi ci governa e contro questo ci dobbiamo organizzare. Riscoprire la forza della solidarietà e dell’unione, perché davanti a questa nessun blindato e nessuna operazione, per quanto grande sia, potrà mai vincere”.