di Elisabetta Graziani

Roma, 30 set. (LaPresse) – Rosse le bandiere, rosse le corone di fiori, rossa la sciarpa di don Gallo poggiata sulla bara di Pietro Ingrao nella piazza di fronte a Montecitorio. Ai funerali dello storico dirigente del Pci ed ex presidente della Camera, morto a 100 anni, erano presenti le massime cariche dello Stato.

Seduti vicini sul palco: il presidente della Repubblica Sergio Mattarella, il presidente del Senato Pietro Grasso, il premier Matteo Renzi e a breve distanza l’ex capo dello Stato Giorgio Napolitano, accompagnato dalla moglie Clio. A fianco dei familiari, la presidente della Camera Laura Boldrini. Dietro, tra gli altri, il sindaco di Roma Ignazio Marino, le ministre Marianna Madia e Maria Elena Boschi, il vicepresidente della Camera Luigi Di Maio.

Se il rosso era il colore dominante, le note di ‘Bella ciao’ hanno accolto il feretro al momento dell’arrivo e nel saluto finale, quando sul palco ha cantato, oltre ai familiari e alla figlia maggiore Celeste Ingrao (con tanto di pugno chiuso alzato), anche il presidente Grasso. In mezzo, gli interventi dei parenti e quelli di tre uomini che in maniera diversa gli sono stati vicino: Alfredo Reichlin, Ettore Scola e don Luigi Ciotti.

Da parte dell’ex partigiano e dirigente del Pci è arrivata un’arringa degna dei discorsi dei politici della prima Repubblica. La folla ha applaudito. “Non abbiamo custodito bene la storia della sinistra italiana”, ha ammonito Reichlin, precisando che la “sinistra è un’antica parola di cui si sono persi oggi molti significati”. “Forse mi sbaglio – ha aggiunto -, ma sento rinascere il bisogno di uomini che pensano e guardano lontano. Uomini che sentono che il vecchio non può più, ma il nuovo non è ancora abbastanza”.

Mischiati tra la folla, tra le bandiere di Rifondazione comunista, Syriza e del movimento operaio e i fazzolettoni delle brigate partigiane, i rappresentanti politici del Pd, Sel al completo, e le persone comuni che hanno visto in Ingrao un punto di riferimento.

Presenti i sindacati con Susanna Camusso (Cgil) e Maurizio Landini (Fiom), politici vecchi e nuovi e costituzionalisti come Gianni Ferrara. Da Fausto Bertinotti a Walter Veltroni e Luciano Violante, da Luca Lotti e Alfredo D’Attorre al dirigente del Pci Giacomo Schettini, molto vicino a Ingrao. La sinistra di un tempo e quella di oggi, riunita nella stessa piazza, per portare l’ultimo saluto all’uomo “del dubbio”.

Ciascuno, nella piazza, ha ricordato il proprio Ingrao. Il comunista, per la folla. “L’uomo che servì la politica ma non si è servito della politica” per don Ciotti; “l’amico conosciuto per il set del film più caro ‘Trevico-Torino viaggio nel FiatNam” per Ettore Scola; “il nonno che mano nella mano” passeggiava a Sperlonga con la nipote Gemma Giorgini, orgogliosa di tutta la gente che lo riconosceva e lo fermava.

Sulla bara due doni simbolo dell’uomo Pietro Ingrao: il casco degli operai delle acciaierie di Terni, che andò a trovare in un momento di lotta appena eletto presidente della Camera, e la sciarpa rossa del ‘prete di strada’ don Andrea Gallo.

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