Roma, 28 ott. (LaPresse) – Il 40% delle scuole italiane non ha un servizio mensa e, in alcune regioni del sud, la percentuale sale ancora: in Puglia, ad esempio è del 53%, in Campania del 51% e in Sicilia del 49%. Va meglio, ma non troppo, al nord, dove la mensa manca in circa un terzo delle istituzioni scolastiche principali (per esempio in Veneto, 32%; Liguria, 29%; Lombardia, 27%; Piemonte, 27%). E’ quanto emerge dal nuovo rapporto di Save the Children ‘(Non)Tutti a mensa!’ Diffuso oggi, per il terzo anno consecutivo, nell’ambito della campagna ‘Illuminiamo il Futuro’. Il report prende in esame le mense delle scuole primarie nei 45 Comuni capoluogo di provincia con più di 100.000 abitanti, sia rispetto alle condizioni per usufruirne – tariffe, esenzioni, riduzioni, trattamento in caso di morosità – sia agli standard qualitativi e include anche le opinioni di cento bambini e i disegni sulla loro mensa, di sei città (Torino, Milano, Napoli, Bari, Crotone, Scalea).

L’ACCESSO A CHI E’ IN DIFFICOLTA‘. In più della metà (25) dei comuni monitorati, l’accesso a rette agevolate e a riduzioni è limitato ai soli residenti. In sei comuni non è prevista alcuna esenzione dal pagamento neanche per le famiglie più povere. Otto comuni escludono il bambino dal servizio in caso di insolvenza dei genitori.

LA GESTIONE E’ QUASI SEMPRE ESTERNA. Per quanto riguarda la qualità delle mense, dalla ricerca effettuata da Save the Children emerge che nel 90% dei casi il servizio è affidato a ditte esterne di ristorazione e per il 65% dei comuni il servizio viene effettuato esclusivamente con pasti trasportati da cucine esterne. Molti i comuni del Sud Italia (ad eccezione di Cagliari) che usufruiscono esclusivamente di servizi di refezione con pasti trasportati dall’esterno.

LA FORBICE DELLE TARIFFE. Le difformità tra nord e sud compaiono anche sul fronte dei costi con rette minime che vanno dagli 0,35 euro al giorno di Salerno ai 5,5 di Bergamo e tariffe massime che vanno dai 2,3 euro di Catania ai 7,7 euro di Ferrara. Considerando, per esempio, una famiglia con Isee di 25mila euro e un figlio, la tariffa più economica risulta essere Catania con una retta giornaliera di 2,3 euro, mentre quella più cara Livorno con una retta di 6,715 euro. Secondo il rapporto ‘(Non) Tutti a mensa!’, inoltre, 15 Comuni superano la soglia di 5 euro per pasto (100 euro al mese), con Palermo che, nonostante sia in una regione caratterizzata da un basso costo della vita e uno dei tassi di disoccupazione più alti d’Italia, ha una tariffa di 6 euro a pasto.

I VIRTUOSI DELLE AGEVOLAZIONI. Il rapporto di Save The children ha analizzato anche le migliori e le peggiori prassi. I comuni di Cagliari, Forlì e Genova si segnalano per l’applicazione di criteri agevolativi in risposta alle esigenze di categorie più svantaggiate come ad esempio minori in affido temporaneo; quelli di Bari e Novara per la previsione di misure mirate al sostegno delle famiglie colpite dalla crisi economica, quale la perdita di lavoro; i comuni di Bologna, Firenze, Milano, Livorno, Taranto applicano criteri flessibili e passibili di modifica nel corso dell’anno per ciò che riguarda le tariffe.

BRESCIA MAGLIA NERA. Prassi invece particolarmente negative si rilevano nel Comune di Brescia che si distingue per le tariffe tra le più alte, per i criteri molto restrittivi delle esenzioni e per l’esclusione dei figli di genitori morosi dall’accesso al servizio; nel Comune di Salerno che, pur non avendo tariffe particolarmente elevate, non prevede nessuna forma di esenzione per le famiglie in situazioni di disagio e allo stesso tempo esclude i figli di genitori morosi dall’accesso al servizio. A Bergamo le tariffe sono molto alte in particolar modo per le famiglie con redditi bassi e prevede l’esenzione dal pagamento solo su richiesta diretta dei servizi sociali. Negative, per Save the children, le prassi dei comuni di Brescia, Foggia, Modena, Novara, Palermo, Salerno, Sassari e Taranto che escludono i figli dei genitori morosi dal servizio e quelle dei comuni di Bolzano, Trento, Padova, Rimini, Salerno, Catania, per non prevedere nessuna forma di esenzione dal pagamento per famiglie in situazione di disagio socio-economico.

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