Milano, 9 nov. (LaPresse) – “Che cosa facciamo dell’area di Expo? Come consideriamo il bisogno che c’è in città di case, di lavoro, di accoglienza? Tutte queste domande dove trovano le risposte? In questa Babilonia dove c’è il rischio che qualcuno gli dia ragione per principio? In questa complessità bisognerebbe imparare l’arte della conversazione, che è quel modo di parlare che non si entusiasma di imporre il proprio punto di vista”. Lo ha detto monsignor Mario Delpini, vescovo ausiliare di Milano al convegno ‘La grande Milano, 10 idee per 100 anni’, in programma all’Università degli studi di Milano. “La conversazione – ha continuato – si differenzia dalla chiacchiera spicciola e vuol dire ragionare insieme. Avere il sogno che le differenze possono arricchirci e non farci paura, che la novità possa essere una sfida che possa far emergere le potenzialità migliori. La conversazione impegna ad esporsi per orientare una decisione condivisa e un’interpretazione comune di quello che sta succedendo. La conversazione tiene quel livello edificante dove chi ha un’idea la condivide con gli altri. Le domande non le riduciamo a come si fa e a quanto costa, ma ci interessa perché e per chi”.

“La Chiesa – ha aggiunto monsignor Delpini – viene banalizzata a un’organizzazione che vuole imporre la dogmatica, ma la Chiesa è una realtà che costituisce le domande sul criterio delle scelte. Non ci si accontenta di applaudire i successi della scienza. Non basta che abbia un mercato. Sarà un bene per l’umanità o sarà una fonte dei guai. Il ricercatore non è solo una macchina per produrre risultati e non è soltanto un dipendente che obbedisce al capitale che finanzia la sua ricerca. Ma è un uomo e una donna che si pone delle domande. Qualche volta la grande città rischia di essere una Babilonia dove ciascuno parla una lingua diversa, fa valere delle pretese estenuanti e presenta dei bisogni che non trovano risposta”, ha concluso il prelato.

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