Roma, 7 dic. (LaPresse) – Conosceva i suoi aggressori Oliver Degenhardt, il manager tedesco ucciso, il 6 novembre scorso, nella sua abitazione romana. La vittima aveva dato appuntamento a tre giovani romeni che aveva conosciuto tempo prima attraverso i social network. Un “incontro ludico” scrivono gli investigatori, al quale i tre, ritenuti colpevoli del delitto, si sarebbero presentati con altre intenzioni: volevano rapinare Degenhardt e per farlo erano disposti anche ad uccidere. Tutto è successo tra le 23.08 del 6 novembre, quando i tre sono entrati nell’appartamento della vittima, e la mezzanotte, quando il vicino di casa di Degenhardt ha chiamato i vigili del fuoco per un incendio scoppiato nella casa. Il manager tedesco è morto per soffocamento, con diverse fratture toraciche, dopo esser stato brutalmente picchiato, e poco prima che gli aggressori appiccassero il rogo nel tentativo di cancellare le tracce del delitto.
Grazie alle impronte digitali trovate su un telefono cellulare e alla stretta collaborazione con la polizia romena, i carabinieri son riusciti ad arrestare le persone ritenute coinvolte nell’omicidio che subito dopo la morte di Degenhardt si erano allontanate da Roma. Quattro i cittadini romeni finiti in manette: tre di loro, di 23, 26 e 28 anni, sono stati rintracciati all’estero (due in Romania e uno in Norvegia), e dovranno rispondere di concorso in omicidio. Un quarto uomo, artista di strada e padre di uno degli arrestati, è accusato di ricettazione: nella baracca nella quale vive, sotto al Ponte della Musica di Roma, i carabinieri hanno rintracciato un iPhone e alcuni oggetti della vittima, rubati dopo l’omicidio.
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