Il business delle agromafie ha superato i 16 miliardi di euro nel 2015. Il dato emerge dal Rapporto sui crimini agroalimentari in Italia elaborato da Coldiretti, Eurispes e Osservatorio sulla criminalità nel sistema agroalimentare. "Per raggiungere l'obiettivo i clan ricorrono a tutte le tipologie di reato tradizionali: usura, racket estorsivo e abusivismo edilizio, ma anche a furti di attrezzature e mezzi agricoli, abigeato, macellazioni clandestine o danneggiamento delle colture con il taglio di intere piantagioni". Il dato emerge dal Rapporto sui crimini agroalimentari in Italia elaborato da Coldiretti, Eurispes e Osservatorio sulla criminalità nel sistema agroalimentare. "Con i classici strumenti dell'estorsione – si legge nel dossier – e dell'intimidazione impongono la vendita di determinate marche e determinati prodotti agli esercizi commerciali, che a volte, approfittando della crisi economica, arrivano a rilevare direttamente".
FRODI ALIMENTARI. In cima alla black list dei settori piu' colpiti dalla frodi salgono la ristorazione, la carne e farine, pane e pasta sulla base del valore dei sequestri effettuati nel 2015 dai Carabinieri dei Nuclei Anti Sofisticazione (Nas). E' quanto è emerso alla presentazione del quarto Rapporto Agromafie elaborato da Coldiretti, Eurispes e Osservatorio sulla criminalità nell'agricoltura e sul sistema agroalimentare. Il valore totale dei sequestri nel 2015 è stato di 436 milioni di euro con il 24% nella ristorazione, il 18% nel settore della carne e salumi, l'11% in quello delle farine, del pane e della pasta, ma settori sensibili sono, a seguire, quelli del vino, del latte e formaggi e dei grassi e oli come quello di oliva. Nel solo 2015 sono stati chiuse dai Nas 1.035 strutture operanti nel sistema agroalimentare con il sequestro di 25,2 milioni di prodotti alimentari adulterati, contraffatti, senza le adeguate garanzie qualitative o sanitarie o carenze nell'etichettatura e nella rintracciabilità. Dai 38.786 controlli effettuati dai Nas nell'ultimo anno sono emerse non conformità in ben un caso su tre(32%). Il primato negativo della ristorazione va letto anche nel contesto dell'accresciuto in interesse delle organizzazioni criminali nelle diverse forme del settore, dai franchising ai locali esclusivi, da bar e trattorie ai ristoranti di lusso e aperibar alla moda. "Sono oltre 100.000 i controlli effettuati dalle forze dell'ordine nel 2015 per combattere le agromafie dal campo allo scaffale e garantire all'Italia il primato nella qualita' e nella sicurezzaalimentare", afferma il presidente della Coldiretti Roberto Moncalvo. Un'attività di controllo quotidiana e capillare tra iNas, i nuclei antifrodi carabinieri (Nac) del ministero dellePolitiche Agricole e Alimentari, lo Scico-Gdf, il corpo forestale ora confluito nel comando unità per la tutela forestale, ambientale e agroalimentare dell'Arma e l'Ispettorato centrale della tutela della qualità e della repressione frodi dei prodottiagroalimentari. "Si tratta – ha sottolineato Moncalvo – di un presidio a difesa non solo del tessuto economico ma anche della salute dei cittadini, dell'ambiente e dell'intero territorio nazionale. In Italia le attività criminali nell'agroalimentare si scoprono perché c'è una attività di controllo all'avanguardia a differenza di quanto avviene in altri Paesi dentro e fuori dall'Unione Europea". Secondo uno studio della Coldiretti, l'Italia è il Paese con il minor numero di prodotti agroalimentari con residui chimici irregolari (0,4%), quota inferiore di quasi 4 volte rispetto alla media europea (1,4%) e di quasi 20 volte quella dei prodotti extracomunitari (7,5%), ma anche quello con le regole produttive più rigorose nelle caratteristiche dei prodotti alimentari, dal divieto di produrre pasta con grano tenero a quello di utilizzare la polvere di latte nei formaggi.
CAPITALI ATTIRATI DA MAFIE. Le turbolenze del sistema bancario aumentano i capitali puliti che, alla ricerca di una migliore remunerazione, si indirizzano verso l'economia sporca, con il cosiddetto "money dirtying" che e' esattamente speculare al fenomeno del riciclaggio nel quale i capitali sporchi affluiscono nell'economia sana. La paura a tenere immobilizzate presso le banche quote consistenti di risparmio dopo l'entrata in vigore del 'bail-in' e la remunerazione negativa del capitale sono gli ingredienti che definiscono la condizione all'interno della quale vanno ricercate le origini del money dirtying. In buona sostanza, molti tra coloro che dispongono di liquidita' prodotta all'interno dei settori attivi nonostante la crisi trovano convenienti e pertanto decidono di perseguire forme di investimento non ortodosse, con l'obiettivo del massimo vantaggio possibile, affidandosi a soggetti borderline o a organizzazioni in grado di operare sul territorio nazionale e all'estero in condizioni di relativa sicurezza. Il settore agroalimentare, che ha dimostrato in questi anni non solo di poter resistere alla crisi, ma di poter crescere e rafforzarsi anche in un quadro congiunturale complessivamente difficile, e' diventato – di conseguenza – ancor piu' appetibile sul piano dell'investimento.
"La capacita' di attrazione dei capitali legali da parte della malavita – sottolineano Coldiretti, Eurispes e Osservatorio sulla criminalita' nell'agricoltura e sul sistema agroalimentare – e' bene videnziata dall'attivita' della Guardia di Finanza che fa notare come le mafie non limitano la loro attivita' solo all'accaparramento dei terreni agricoli, ma spaziano in tutto l'indotto, arrivando a operare direttamente nelle attivita' di trasporto e di stoccaggio della merce, nell'intermediazione commerciale e nella determinazione dei prezzi". La camorra risulta molto interessata al segmento della ristorazione, in quanto mostra una particolare propensione a reimpiegare proventi illeciti mediante l'acquisizione di attivita' ristorative, soprattutto bar e ristoranti. Cosa Nostra spazia dal business offerto dalle attivita' ristorative alla gestione di attivita' agricole e di commercializzazione dei prodotti da essa derivanti. La 'ndrangheta appare maggiormente rivolta sia all'acquisizione di vasti appezzamenti di terreno e alla gestione di societa' operanti nel settore agricolo sia al conseguimento illecito di contributi comunitari in materia di politica agricola.
26 MILA TERRENI CONFISCATI. Su tutto il territorio nazionale sono 26.200 i terreni nelle mani di soggetti condannati in via definitiva per reati come, tra l'altro l'associazione a delinquere di stampo mafioso e la contraffazione, anche perche' il processo di sequestro, confisca e destinazione dei beni d iprovenienza mafiosa si presenta lungo e confuso, spesso non efficace e sono numerosi i casi in cui i controlli hanno rilevato che alcuni beni, anche confiscati definitivamente,sono di fatto ancora nella disponibilita' dei soggetti mafiosi. Il dossier sulle agromafie evidenzia che tra i 20 ed i 25 miliardi di euro vengono sprecati per il mancato utilizzo dei beni confiscati sulla base delle stime dall'Istituto nazionale degli amministratori giudiziari (Inag). Si stima che circa un immobile su cinque confiscato alla criminalita' organizzata sia di destinazione agroalimentare. Il 53,5% si concentra in Sicilia, mentre la restante parte riguarda soprattutto le altre regioni a forte connotazione mafiosa, quali la Calabria (17,6%), la Puglia (9,5%) e la Campania (8%). Seguono con percentuali piu' contenute la Sardegna (2,3%), la Lombardia (1,6%), la Basilicata (1,5%) e il Piemonte (1,3%). Le altre regioni si attestano sotto l'1%.