I genitori: "Il suo volto era irriconoscibile". Gentiloni: "Servono risposte convincenti"
Un viso "piccolo piccolo", su cui era stato fatto un male difficile da immaginare. Tanto che, in obitorio, l'unico modo di riconoscere Giulio Regeni era attraverso "la punta del suo naso". Queste sono le parole di Paola, la madre del ricercatore ucciso in circostanze ancora da chiarire al Cairo due mesi fa. La signora Paola, assieme al marito Claudio, hanno parlato ieri nel corso di una conferenza stampa convocata al Senato da Luigi Manconi, presidente della Commissione per i diritti umani.
GENTILONI: SERVONO RISPOSTE CONVINCENTI. "La fermezza e la dignità dei genitori di Giulio Regeni sono davvero esemplari. Motivo in più per le istituzioni per insistere con coerenza e altrettanta fermezza. Sulle risposte egiziane sentiremo in primo luogo le valutazioni del procuratore Pignatone. Se non abbiamo risposte convincenti, compiremo i passi conseguenti". Così il ministro degli Esteri, Paolo Gentiloni, intervistato dal 'Corriere della Sera', risponde all'appello lanciato ieri da Paola e Claudio Regeni, che hanno chiesto una "forte risposta" del governo se dalle autorità del Cairo non venissero novità sostanziali sulla morte del figlio. Cosa vogliamo esattamente dal governo egiziano? "La verità, ossia l'individuazione dei responsabili – ha risposto il capo della diplomazia italiana – Ci si può arrivare da un lato esercitando una pressione politico diplomatica costante, cosa che abbiamo fatto e stiamo facendo e che costituisce un deterrente contro verità di comodo, dall'altro con una collaborazione investigativa".
'NON E' UN CASO ISOLATO'. La conferenza, iniziata con la bandiera gialla di Amnesty International che chiede 'Verità per Giulio', si è sviluppata su tre grandi linee: il vissuto della famiglia, le indagini sulla morte, le ripercussioni sul piano diplomatico. "Quello che è successo a Giulio non è un caso isolato", ha sottolineato la madre. "Cos'è? Un caso di morbillo, di varicella?", ha domandato retoricamente all'inizio della conferenza. "Forse erano le idee di Giulio?", ha continuato la madre. Il ragazzo, ha spiegato il padre, stava passando "un periodo molto felice della sua vita, sia dal punto di vista di vista personale che del lavoro" e aspettava la data del ritorno dall'Egitto, il 22 marzo.
IL BLOCCO DEL PIANTO. La madre ha detto di non riuscire più a piangere, di avere "un blocco totale". La donna normalmente piange parecchio in altri momenti, "ascoltando una canzone in macchina" o "commuovendomi guardando l'immagine disegnata da un bambino". Ora no. "Forse – ha detto la signora – mi sbloccherò quando riuscirò a capire cosa è successo a mio figlio". "Alla peggior persona al mondo non augurerei quello che è successo a Giulio", ha aggiunto. La terribile esperienza della madre, che ha dovuto riconoscere suo figlio sfigurato dalle torture, ha percorso più volte la sala dedicata alle vittime di Nassiriya del Senato. La famiglia e i suoi legali aveva considerato l'ipotesi di portare qui una foto del cadavere di Giulio, mettendo il pubblico davanti alla nuda verità delle torture. Alla fine, però, hanno preferito non farlo.
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