"Mi verrebbe voglia di non dire nulla e non certo per reticenza. Perche' questa storia ha dell'incredibile"
"Mi verrebbe voglia di non dire nulla e non certo per reticenza. Perche' questa storia ha dell'incredibile". Cosi' Manfredi Borsellino, commissario di polizia, figlio del giudice Paolo ucciso nel 1992 commenta sulle pagine del quotidiano "La Repubblica", in edicola oggi, l'intervista rilasciata ieri a Porta a Porta su Rai 1 dal figlio di Riina. "Perche' e' proprio questo il punto – spiega -, parlandone si rischia di fare proprio un favore a chi come il figlio di Riina e' evidente che cerchi il massimo del clamore. Lui vende la sua merce ma il paradosso e' che lo invitino a promuoverla. Per dire del privato del clan familiare dei Riina? Io non mi scandalizzo piu' di tanto se il figlio di un feroce criminale, mafioso anche lui, voglia dire la sua, trovo incredibile che gli si offra una ribalta televisiva, per di piu' pubblica. Ognuno puo' avere le opinioni che crede. Ammetto pure che ci possa fare un libro, ma potere diffondere su larga scala l'idea che suo padre sia un eroe, ecco questo mi sembra semplicemente incredibile. E' la promozione che crea il caso, con il risultato di accrescere un interesse che non ci sarebbe stato. Ecco perche' penso che parlarne sia l'esatto contrario di quel che dovrei fare. Questa vicenda mi turba? In questi 24 anni ho assistito a talmente tante cose che ho maturato una scorza di disincanto, frutto della leggerezza che e' tra le eredita' che ho ricevuto da mio padre. Leggerezza non superficialita'.
Il figlio di Riina scrive un libro che puo' attizzare curiosita', non certo la mia, che ho ben altre curiosita', a partire dalla verita' sul 1992. Non c'e' alcun elemento di utilita' che posso ricavarne. Non capisco pero' perche' questo debba essere accolto con una tale enfasi da farlo diventare un caso. Qui e' del mezzo che discutiamo. Poi ci sono tante altre considerazioni possibili". "Salvo Riina e' lui stesso un condannato che ha espiato una pena per mafia. Non c'e' alcuna presa di distanza. Anzi. Stando ai fatti – prosegue Manfredi Borsellino – e' una persona che ha condiviso in pieno i disvalori del padre e dei suoi sodali. Che puo' veicolare il quadro da famiglia normale in cui privato e pubblico sono distinti e si tace del tutto del secondo.
Ma ripeto, io riesco a guardare a tutto questo con distacco. Quella intervista riacutizza una ferita che non puo' mai chiudersi. E soprattutto da' l'immagine di un mondo sottosopra. Perche' cio' che si dice non e' secondario e non lo e' neppure il mezzo attraverso il quale quelle cose si dicono e l'effetto che hanno. Tra noi familiari di vittime, come e' normale, ci sono emotivita' e approcci diversi e rispettabili. Vedo l'intervista? Vedo la partita di Champions e la risolvo cosi': diciamo che ho un carattere che mi aiuta. Provo a immedesimarmi in chi ha un modo di vivere il proprio dolore in maniera diversa e allora capisco perfettamente che si tratta di uno schiaffo"
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