"Vedendo le immagini dei bambini sotto le bombe, volevo andare in Siria ad aiutare la popolazione civile e non arruolarmi nell'esercito dell'Isis". Si è difeso così, a quanto ha riferito il suo avvocato Francesco Pesce, Abderrahim Moutarrick, l'ex pugile arrestato giovedì scorso assieme alla moglie e ad altre 3 persone con l'accusa di terrorismo internazionale, nel corso del l'interrogatorio di garanzia. Altre due persone, anche loro destinatari dell'ordinanza di custodia cautelare in carcere, sono invece fuggire in Siria circa un anno fa. Il campione di kick boxing marocchino, nel corso dell'interrogatorio davanti al gip Manuela Cannavale, al quale hanno assistito anche i pm Enrico Pavone e Francesco Cajani, ha precisato di non aver mai avuto intenzione "di arruolarsi con l'esercito dell'Isis né di colpire l'Italia dove ha vissuto negli ultimi 16 anni e è ben integrato". E lo stesso, ha riferito l'avvocato Pesce, ha detto anche la moglie, anche lei sentita dai magistrati per circa mezz'ora.
"Sono cresciuto in Italia, è da 16 anni che vivo in questo Paese e ho tanti amici. Non mi farei mai saltare in aria per fare del male alle persone con cui sono cresciuto", ha spiegato anche Moutarrik, nel corso dell'interrogatorio di garanzia. Il pugile e la moglie Salma Bencharrki avevano comunque intenzione di partire per la Siria, ma non avevano intenzione di arruolarsi nelle file dell'Isis, anche se "l'Isis è l'organizzazione che controlla quel territorio – ha sottolineato l'avvocato Pese – perciò, se anche avessero voluto entrare in Siria, avevano bisogno di rapportarsi con le milizie del Califfato". Alla coppia, ha spiegato ancora il legale, non sarebbero state fatte domane sul progetto di far esplodere ordigni in Vaticano o davanti all'ambasciata di Israele a Roma.
L'avvocato Pesce ha annunciato la sua intenzione di rivolgersi al Tribunale del riesame per chiedere la scarcerazione di Moutarrick e della moglie Salma. "Sono disperati per i loro due figli che sono molto piccoli, hanno 4 e 2 anni, e non sanno dove si trovano i loro genitori e di cosa devono rispondere. Il mio obiettivo è tutelare i due bambini, attualmente affidati ai nonni paterni", ha spiegato al termine della mattinata il legale della coppia. I due, che al momento si trovano nel carcere di san Vittore, potrebbero essere presto trasferiti in Calabria o nel carcere di Nuoro, adatto ad ospitare detenuti accusati di terrorismo internazionale.
KHACHIA: AL TELEFONO SOLO FANFARONATE. "Non avevo intenzione di fare assolutamente nulla. Al telefono ho detto solo fanfaronate". Si è difeso così, davanti al gip di Milano Manuela Cannavale nel corso dell'interrogatorio di garanzia, Abderrahmane Khachia, anche lui finito in carcere con l'accusa di terrorismo internazionale. "Kachia è un ragazzo di 23 anni che si è limitato a parlare al bar e al telefono con degli amici. Si trattava solo di iperboli e esagerazioni. Non ha commesso alcun reato", ha spiegato il suo avvocato Luca Bauccio, preannunciando che presenterà istanza di scarcerazione al Tribunale del Riesame. "E' solo un ragazzo che è incappato in una situazione di cui non riusciva a capire l'importanza e che sproloquiava al telefono", ha aggiunto il legale.